Il caso Epstein torna a scuotere Washington, ma questa volta è Donald Trump a usare l’onda d’urto politica per provare a ribaltare l’accusa. Mentre alla Camera si prepara un voto esplosivo sulla pubblicazione dei file del Dipartimento di Giustizia, il presidente attacca i democratici, mette nel mirino alcuni suoi ex alleati repubblicani e prova a contenere anche le rivelazioni che lo sfiorano direttamente attraverso i nuovi documenti su Jeffrey Epstein e i contatti con Steve Bannon.
L’affondo su Truth Social – “I democratici stanno facendo tutto il possibile per promuovere nuovamente la bufala Epstein – nonostante il Dipartimento di Giustizia abbia pubblicato 50.000 pagine di documenti – al fine di distogliere l’attenzione dalle loro politiche inadeguate e dalle loro sconfitte, in particolare dall’imbarazzante shutdown, che ha causato il caos totale nel loro partito”. Lo ha scritto Donald Trump in un post su Truth Social, imputando al fronte avversario la volontà di usare il caso Epstein come arma di distrazione di massa. Nel mirino finiscono anche esponenti repubblicani considerati troppo arrendevoli: “Alcuni repubblicani deboli sono caduti nelle loro grinfie perché ingenui e poco risoluti. Epstein era un democratico ed è un problema dei democratici, non dei repubblicani!”. L’ex tycoon invita poi a “chiedere di Epstein a Bill Clinton, Reid Hoffman e Larry Summers, loro sanno tutto di lui, non perdete tempo con Trump. Ho un Paese da governare!”.
L’annuncio di nuove indagini – Nel suo messaggio, il presidente annuncia anche l’intenzione di mobilitare l’apparato investigativo federale: “Chiederò alla procuratrice generale Pam Bondi, al Dipartimento di Giustizia e ai grandi patrioti dell’Fbi di indagare sul coinvolgimento e i rapporti di Epstein con loro, con J.P. Morgan, Chase e molte altre persone e istituzioni, per determinare quello che accadeva tra di loro”. E rilancia la responsabilità politica sul fronte opposto: “Tutte le frecce puntano ai democratici, i file indicano che questi signori, come molti altri, hanno passato gran parte della loro vita con Epstein e sulla sua ‘isola’”.
Il voto sui file Epstein e la retromarcia di Johnson – Sullo sfondo del duro post di Trump c’è il braccio di ferro alla Camera sulla mozione che chiede la pubblicazione di tutti i file del Dipartimento di Giustizia relativi a Epstein. Il presidente ha avviato una campagna di pressioni sui deputati repubblicani intenzionati a votare con i democratici, consentendo così l’approvazione della misura. I contatti con questi parlamentari si sono intensificati dopo che lo Speaker repubblicano Mike Johnson è stato costretto a fissare per la prossima settimana la votazione della mozione, che per mesi aveva cercato in ogni modo di non portare in aula.
Una “realtà inevitabile” per Trump – Il cambio di strategia dello Speaker è maturato in una giornata cruciale, mercoledì scorso, segnata da due eventi paralleli: da un lato la diffusione di mail in cui il finanziere pedofilo, morto impiccato in cella nell’agosto del 2019, affermava che Donald Trump “sapeva delle ragazze”; dall’altro la presentazione di una petizione con 218 firme di deputati, tra cui un gruppo di repubblicani, che avrebbe comunque costretto Johnson a mettere ai voti la mozione che aveva tentato di bloccare. A quel punto il leader repubblicano ha deciso di anticipare i tempi – con il percorso della petizione si sarebbe arrivati al voto solo all’inizio di dicembre – perché “se dobbiamo farlo, meglio farlo velocemente”, spiega una fonte repubblicana alla Cnn. Una scelta concordata con Trump, che, secondo fonti della Casa Bianca citate dalla stessa emittente, comprende che “questa è una realtà inevitabile” e ha dunque optato per la massima pressione sugli esponenti del suo partito.
I “repubblicani deboli” nel mirino – Il presidente punta in particolare a convincere a non sostenere la mozione quelli che su Truth Social definisce “alcuni repubblicani deboli caduti nelle reti” dei democratici, accusati di continuare a usare il “falso di Epstein per distrarre dalle loro cattive politiche e sconfitte, in particolare l’imbarazzo dello shutdown”. Con quattro repubblicani che hanno già firmato la petizione – tra cui Thomas Massie, cofirmatario della mozione – e tre deputati che hanno annunciato il loro voto a favore della pubblicazione, i media americani prevedono che decine di altri esponenti del Grand Old Party potrebbero allinearsi per non tradire le promesse elettorali fatte sul caso Epstein, promesse che Trump di fatto ha disatteso bloccando finora la diffusione completa dei file.
Boebert, Mace e il ruolo delle deputate ribelli – Secondo la Cnn, la Casa Bianca si è concentrata in particolare su due deputate che, insieme all’ormai ex fedelissima di Trump Marjorie Taylor Greene, hanno firmato la mozione. Una è Lauren Boebert, considerata una grande alleata del presidente: nei giorni scorsi ha incontrato alla Casa Bianca la ministra della Giustizia Pam Bondi e il capo dell’Fbi Kash Patel e ha ricevuto anche una telefonata personale, senza però ritirare la sua firma. L’altra è Nancy Mace, contattata anch’essa da Trump e dallo staff della Casa Bianca: in una lettera indirizzata al presidente, la deputata – che si definisce vittima di abusi sessuali – ha spiegato come la questione dei file di Epstein sia per lei “profondamente personale”.
La partita al Congresso e il rischio veto – Un eventuale via libera alla Camera avrebbe un impatto politico significativo, ma l’esito al Senato resta tutt’altro che scontato. Thomas Massie, deputato repubblicano diventato una sorta di nemesi per Trump – che ha già appoggiato uno sfidante nelle primarie contro di lui – confida nella possibilità che la mozione raggiunga una maggioranza a prova di veto, almeno 290 voti, in modo da “mettere tanta pressione sul Senato”. In caso di via libera anche a Palazzo, un eventuale veto del presidente verrebbe interpretato come un atto politicamente pesante. Intanto, per aumentare la pressione sui membri del Congresso, Massie e gli altri firmatari della mozione stanno organizzando a Capitol Hill conferenze stampa con le vittime della rete di traffico sessuale di minori riconducibile a Epstein.
Epstein consigliere ombra di Bannon – A rendere ancora più esplosiva la vicenda contribuiscono le rivelazioni contenute in alcuni dei file diffusi dalla commissione di vigilanza della Camera statunitense, riportate dal Guardian, secondo cui Jeffrey Epstein avrebbe svolto il ruolo di consigliere informale di Steve Bannon durante la campagna mediatica del 2018, pensata per promuovere e difendere il programma del presidente Donald Trump. Dallo scambio di messaggi – sei giorni, dal 17 al 23 agosto – emerge un flusso continuo di suggerimenti e indicazioni sulle apparizioni televisive dell’ex stratega della Casa Bianca e sulla sua strategia politica in generale. La presenza di Bannon nei file era stata anticipata nei mesi scorsi da Elon Musk, al quale Bannon aveva replicato chiedendo l’intervento di un investigatore speciale per analizzare “tutti i documenti”.
Economia, Russiagate e pagamenti alle donne – Le comunicazioni rivelano anche indicazioni di merito sulle politiche economiche dell’amministrazione Trump. Epstein suggerisce a Steve Bannon argomentazioni per rispondere alle critiche sui tagli fiscali, sostenendo che le accuse di favoritismi ai più ricchi siano “fuorvianti” e insistendo sulla percezione pubblica degli sgravi alle corporation. I due commentano inoltre in tempo reale gli sviluppi del Russiagate e le conseguenze per l’ex avvocato del presidente, Michael Cohen, riconoscendo l’importanza dell’immunità concessa al publisher del National Enquirer, David Pecker, e prevedendo ulteriori rivelazioni sui pagamenti a donne legati a Trump.
La rete di contatti nell’ombra – I messaggi mostrano infine la particolare attenzione di entrambi alla riservatezza dei loro contatti. Steve Bannon manifesta timori per la costante sorveglianza attorno a Jeffrey Epstein, mentre il finanziere si offre di organizzare un incontro a New York “sotto la protezione dell’oscurità”, con ingressi secondari e la massima discrezione, proponendo il proprio appartamento sulla East 66th Street e garantendo che qualcuno avrebbe potuto accompagnare Bannon all’interno senza essere visto. L’ex stratega accetta, chiedendo solo di fissare un orario. Un tassello in più in un mosaico di relazioni e scambi che, mentre il Congresso discute sulla pubblicazione integrale dei file, continua ad alimentare sospetti, scontri interni al Partito repubblicano e una nuova ondata di tensione politica intorno al nome di Epstein.

