All’indomani dell’esplosione che ha distrutto le auto del giornalista Sigfrido Ranucci e della figlia, a Campo Ascolano di Pomezia, le indagini della procura di Roma e dei carabinieri del nucleo investigativo di Frascati si concentrano ora sui possibili mandanti. L’ipotesi prevalente è che l’attentato sia legato all’attività professionale del conduttore di Report, da anni impegnato in inchieste che toccano ambienti criminali, economici e politici di grande rilievo.
Le piste investigative – Gli accertamenti si muovono soprattutto lungo la pista delle inchieste giornalistiche della trasmissione di Rai3. Negli ultimi mesi Report aveva affrontato temi delicati come la criminalità albanese, i rapporti tra gruppi di ultrà e ambienti dell’estrema destra, oltre agli interessi legati alla costruzione di un porto privato per navi da crociera a Fiumicino. In parallelo, Ranucci aveva annunciato che la nuova stagione del programma avrebbe approfondito le stragi in Italia, i finanziamenti per i parchi eolici e la gestione dei fondi pubblici.
Il lavoro degli investigatori – Gli investigatori hanno acquisito i filmati delle telecamere di sorveglianza nella zona e stanno ricostruendo il percorso seguito da Ranucci la sera dell’attentato per verificare se sia stato pedinato. Si lavora anche sulle testimonianze dei residenti, che riferiscono di aver udito altre esplosioni nelle settimane precedenti, considerate ora possibili “prove” generali da parte degli attentatori.
Una lunga scia di intimidazioni – Non è la prima volta che Ranucci viene preso di mira. Nel 2024, dopo una puntata dedicata alla “trattativa Stato-mafia”, furono trovati due proiettili davanti alla sua abitazione. L’episodio non fu reso pubblico, ma portò a una valutazione del dispositivo di scorta, che non prevedeva però la vigilanza notturna. Dopo la bomba di giovedì sera, la sicurezza del giornalista è stata rafforzata con l’assegnazione di un’auto blindata e un incremento delle misure di protezione.
La reazione civile – A Campo Ascolano la comunità si è stretta attorno alla famiglia del giornalista. «Siamo noi la scorta di Sigfrido», lo slogan scelto per il sit-in organizzato dal Comitato di quartiere, che si è svolto questa mattina davanti alla villetta di viale Po 91, per testimoniare solidarietà e chiedere maggiore sicurezza.
Un messaggio alla libertà di stampa – L’attentato al giornalista ha suscitato sdegno nel mondo dell’informazione e della politica. Pur non essendo ancora chiaro chi ci sia dietro all’esplosione, il gesto appare come un nuovo segnale intimidatorio verso il giornalismo d’inchiesta. La procura e le forze dell’ordine continuano a lavorare per individuare i responsabili, mentre la Rai e la redazione di Report hanno ribadito il proprio sostegno a Ranucci e l’impegno a proseguire il lavoro di inchiesta “senza censure e senza paura”.