Il 16 ottobre, in occasione della Giornata Mondiale del Pane, Ciro rinnova il suo legame con l’impasto più antico del mondo attraverso i suoi iconici panuozzi napoletani, simbolo di tradizione e passione. “Il pane è la mia Napoli a Brescia – racconta Ciro –. Ogni volta che lo preparo, mi ricorda da dove vengo e perché amo così tanto questo mestiere”.
Ma dietro la sua arte c’è anche un gesto che racconta tutta la sua umanità: Ciro celebra il pane ogni giorno. Infatti da sempre regala il suo pane cotto nel forno a legna ai suoi clienti, un segno di riconoscenza e stima perché per lui i clienti sono prima di tutto amici. “A Napoli si dice: ‘Pane e acqua non si negano a nessuno’, e io cerco di portare avanti questa tradizione. Il pane è condivisione, è un abbraccio che profuma di casa”.
Il suo “Pane Cafone” – così lo chiamano affettuosamente – è diventato un piccolo culto anche fuori Brescia: tantissime persone lo prenotano, attratte dal suo sapore autentico e dalla storia che porta con sé. Per Ciro Di Maio, il pane è molto più di una ricorrenza sul calendario: è una presenza quotidiana nella sua vita, nella sua arte e nelle sue radici.“Il pane è la prima cosa che ho impastato da raigazzino – racconta Ciro –. È la base di tutto: dell’accoglienza, del sacrificio, dell’amore. Quando metto le mani in pasta, sento ancora l’odore del forno di Napoli e della mia infanzia”.
Nato nel 1990 a Frattamaggiore, nella provincia di Napoli, Ciro ha imparato presto che il pane non è soltanto cibo ma simbolo di rinascita. Da quell’impasto semplice, fatto di acqua, farina, lievito e tempo, nasce anche uno dei suoi orgogli più grandi: il panuozzo napoletano, che nel suo locale diventa un racconto di artigianalità e legame con la tradizione.
Cotti nel forno a legna, anche i panuozzi di San Ciro profumano di casa e di legna ardente. In menu spiccano proposte che uniscono gusto e memoria: il “Partenopeo” con prosciutto di Parma Dop e mozzarella di bufala campana Dop, “l’Ariccia Igp” con porchetta e parmigiana di melanzane, il “SanCiro”, tributo alla Campania, con salsiccia a punta di coltello, friarielli freschi e provola. “Ogni panuozzo ha un’anima diversa – spiega –. È il mio modo di far rivivere la tradizione napoletana, fatta di forno acceso, mani sporche di farina e gente che si siede insieme a condividere”.
Per Ciro, il pane è anche una metafora di riscatto. Negli anni ha portato la sua esperienza nelle carceri italiane, insegnando il mestiere ai detenuti, e nelle scuole del Rione Sanità di Napoli, dove tiene corsi online per i ragazzi che sognano un futuro nel mondo della ristorazione. “Il pane nasce dalla trasformazione – dice –. Anche noi possiamo rinascere, se mettiamo pazienza, calore e fiducia in ciò che facciamo. È la stessa magia che vedo ogni giorno in un impasto che cresce”.
SAN CIRO – Ciro Di Maio nasce a Frattamaggiore, un comune del Napoletano, nel 1990. Mamma casalinga, papà dal passato burrascoso. Le sue prime esperienze nel lavoro sono a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico. È così che è iniziata l’avventura “San Ciro”, il suo locale a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella) che oggi impiega una quindicina di persone ed è noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina.
Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp. Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. In menù ha la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, sono fatte artigianalmente. Ciro lo ripete spesso. “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”. Molti i vip che lo amano, le pareti del suo ristorante sono piene di fotografie. Tra le altre anche Eva Henger, che è stata a cucinare pizze una sera da lui. Senza dimenticare i giocatori del Brescia Calcio e del Germani Brescia, che quando possono, anche dopo le partite, lo passano a salutare. Ciro ama le iniziative benefiche.
Oltre al lavoro in carcere per formare i detenuti a diventar pizzaioli, Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L’istituto che ha accolto il suo progetto è stato l’Istituto alberghiero D’Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza.