Un’organizzazione capillare, capace di monopolizzare le piazze di spaccio, minacciare commercianti e gestire un arsenale militare. È quanto emerge dalla maxi operazione antimafia condotta all’alba di oggi contro il clan Fezza-De Vivo di Pagani, che ha portato all’arresto di 88 persone, tra cui tre minorenni. Le accuse vanno dall’associazione mafiosa al traffico internazionale di droga, passando per estorsioni, tentato omicidio, riciclaggio e furti.
L’operazione e gli arresti – Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno e dalla Procura per i minorenni, l’operazione ha visto impegnati oltre 500 agenti tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza, supportati da elicotteri e unità cinofile. Due le ordinanze eseguite, una emessa dal giudice per le indagini preliminari di Salerno e l’altra dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni. Dei 88 destinatari delle misure cautelari, 79 sono finiti in carcere, 9 agli arresti domiciliari.
La riorganizzazione del clan – L’inchiesta rappresenta la naturale prosecuzione delle indagini che nel 2023 avevano portato all’arresto di Vincenzo Confessore, ultimo esponente apicale ancora in libertà. Dopo i blitz e le condanne di Francesco Fezza, Andrea De Vivo e dello stesso Confessore, il clan si sarebbe riorganizzato, mantenendo Pagani come base operativa e rafforzando la propria influenza anche nei comuni limitrofi. Dai vertici detenuti sarebbero partite le direttive per spartire i proventi, scegliere le vittime delle estorsioni e mantenere la struttura del sodalizio.
Due donne al comando – Un ruolo centrale sarebbe stato affidato a Anna Mannoni e Rita Fezza, indicate dagli inquirenti come le reggenti della nuova fase del clan. Avrebbero gestito la cassa comune, organizzato la redistribuzione dei guadagni tra gli affiliati e reinvestito il denaro sporco attraverso attività di riciclaggio. Dal 2024, la gestione economica sarebbe passata a Alfonso Cicalese, mentre la supervisione dello spaccio sarebbe toccata ai fratelli D’Auria Petrosino e a Vincenzo Petranovic, accusati di imporre forniture obbligatorie a gruppi di spacciatori locali.
Droga in arrivo da tre continenti – Attraverso canali di rifornimento attivi tra Sud America, Spagna e Olanda, il clan avrebbe movimentato, in soli 4-5 mesi, oltre 600 chili di hashish, 100 chili di marijuana e 35 chili di cocaina, destinati al mercato dell’Agro nocerino e di alcune aree del napoletano, come Sant’Antonio Abate e Santa Maria la Carità.
L’arsenale nascosto – Le indagini hanno portato alla scoperta di un vero e proprio covo delle armi, dove erano custoditi fucili Skorpion, Kalashnikov, una mitraglietta Uzi, otto pistole di vario calibro, due giubbotti antiproiettile e oltre 1.000 cartucce. Armi da guerra che, secondo la Procura, avrebbero garantito al clan il controllo del territorio attraverso un’intimidazione costante e brutale.
Furti, estorsioni e cavalli di ritorno – Oltre allo spaccio, il sodalizio avrebbe gestito un sistema parallelo di furti e riciclaggio di auto di grossa cilindrata. Le vetture venivano sottratte con tecnologie avanzate, modificate nei parametri identificativi e rivendute, anche all’estero. In alcuni casi, venivano richiesti pagamenti estorsivi per la restituzione, secondo il metodo del “cavallo di ritorno”.
L’intimidazione sul territorio – Il clan avrebbe imposto tangenti mensili a commercianti e imprenditori locali, arrivando persino ad ordinare un tentato omicidio, avvenuto nell’estate 2023, contro un giovane spacciatore che aveva rifiutato di sottomettersi alle regole dell’organizzazione.
Le parole della Procura – Il procuratore della Repubblica di Salerno Angelo Frattini e il procuratore vicario Rocco Alfano hanno definito l’inchiesta «un durissimo colpo a una delle organizzazioni più radicate e violente dell’Agro nocerino-sarnese», sottolineando come l’azione odierna rappresenti il frutto di un lavoro investigativo articolato e di lungo periodo.
Le indagini internazionali – Decisiva anche la collaborazione con le autorità francesi, che ha permesso di decifrare le chat criptate attraverso le quali il clan organizzava i traffici internazionali. Dalle conversazioni è emerso un sistema criminale efficiente, in grado di gestire ingenti quantitativi di droga e mantenere rapporti con trafficanti sudamericani ed europei.
Sequestri e presunzione di innocenza – La Guardia di Finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo su beni mobili e immobili riconducibili agli indagati, ritenuti sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati. IN ALTO IL VIDEO