Un terremoto giudiziario scuote l’Italia a distanza di anni dalla prima ondata del Covid. Il caso è quello dell’ospedale di Alghero dove, tra marzo e aprile 2020, si diffuse il virus tra medici, infermieri e pazienti. Sul banco degli imputati c’era un dirigente accusato di non aver fornito dispositivi di protezione e formazione adeguata al personale, aggravando così la diffusione del contagio.
Nel marzo 2024, il Tribunale di Sassari aveva assolto l’imputato: per i giudici il reato di epidemia colposa non poteva configurarsi, perché la legge – così interpretarono – punirebbe solo la diffusione attiva di germi, non la mancata prevenzione. Ma il procuratore della Repubblica non si è arreso e ha portato il caso direttamente davanti alla Corte di Cassazione. Ed è qui che arriva il colpo di scena.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribaltato quella sentenza, stabilendo un principio destinato a fare storia: “Il delitto di epidemia colposa può essere integrato anche da una condotta omissiva”. In altre parole, non conta solo chi diffonde volontariamente o colposamente i germi: anche chi, pur avendo il dovere di intervenire, non impedisce la diffusione di un virus, può rispondere penalmente del reato.
I giudici supremi hanno chiarito che il reato di epidemia non è a “condotta vincolata”, ma un reato “causalmente orientato”, dove ciò che conta è l’evento: la diffusione rapida, massiva e incontrollata di un germe patogeno che mette in pericolo la salute pubblica. Un bene tutelato dall’articolo 32 della Costituzione e considerato “primario e collettivo”. Così, la Cassazione ha annullato l’assoluzione del dirigente e rinviato il processo alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari.
La portata è enorme: da oggi non solo chi “sparge germi”, ma anche chi omette cautele, controlli, misure di sicurezza rischia l’accusa di epidemia colposa. Un precedente che potrebbe avere conseguenze dirompenti su futuri processi legati alla gestione delle emergenze. SCARICA QUI LA SENTENZA