Gaza, nuove stragi nonostante le tregue: uccisi anche bambini, neonato deceduto per fame

di Redazione

Continuano senza sosta i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, mentre crescono le denunce per la gravissima emergenza umanitaria che sta colpendo la popolazione civile. Nell’ultima ondata di raid sono morte almeno 13 persone, tra cui anche bambini. Nonostante l’annuncio di una “pausa tattica” da parte di Israele per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari, la tregua si è rivelata, ancora una volta, insufficiente a fermare le morti.

Colpiti mentre cercavano cibo – Quasi 100 i morti in fila per gli aiuti – Il bilancio più drammatico arriva dal nord della Striscia, dove – secondo quanto riferito dal ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas – almeno 67 persone sono state uccise mentre erano in fila per ricevere cibo. Altre sei sono morte a Khan Younis, nel sud. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver aperto il fuoco per “rimuovere una minaccia immediata” in seguito al raduno di “migliaia di persone”. I dettagli dell’episodio, ha fatto sapere l’Idf, sono “ancora in fase di esame”. Un altro attacco simile è stato segnalato presso l’incrocio di Netzarim, nella Striscia centrale: un palestinese è stato ucciso e diversi altri feriti da colpi d’arma da fuoco partiti, secondo Al Jazeera Arabic, da postazioni israeliane.

Morto un neonato per malnutrizione – La crisi umanitaria si aggrava di ora in ora. L’ospedale Al-Shifa di Gaza City ha comunicato la morte del piccolo Muhammad Ibrahim Adas, un neonato deceduto per malnutrizione e carenza di latte artificiale. Un simbolo, tragico, di una carestia che continua a mietere vittime innocenti.

Tregua temporanea e aiuti umanitari – Nella giornata di domenica decine di camion carichi di aiuti umanitari hanno attraversato il confine egiziano per raggiungere Gaza, grazie a una tregua di 24 ore annunciata dal ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar. Ma il flusso è ancora insufficiente. Secondo Benjamin Netanyahu, Israele avrebbe consegnato oltre 1,9 milioni di tonnellate di cibo dall’inizio del conflitto. Il premier ha negato l’esistenza di una “politica della fame”, accusando Hamas di sottrarre gli aiuti e impedire la distribuzione.

L’ennesimo grido del Vaticano: “La fame è una nuova arma” – Duro l’intervento della Santa Sede. Il Papa Leone XIV ha lanciato un nuovo appello per i civili palestinesi “schiacciati dalla fame”, chiedendo il rispetto del diritto umanitario. Sulla stessa linea il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che ha ricordato: “Tocca a Israele trovare la maniera di far sì che questi errori non si ripetano. Se si vuole, si può trovare la maniera”. E ha aggiunto: “La situazione è insostenibile e lì una nuova arma è quella della carestia e della mancanza di cibo”. Il cardinale ha poi ribadito che la Santa Sede ha riconosciuto da tempo lo Stato di Palestina, sostenendo la soluzione dei due Stati “che vivano uno accanto all’altro in autonomia e sicurezza”.

L’allarme di Obama e l’appello dell’Italia – A intervenire sulla drammatica situazione è anche l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha parlato di una carestia “evitabile”. “Non c’è giustificazione per impedire a cibo e acqua di raggiungere le famiglie civili”, ha dichiarato, sollecitando una risposta immediata in attesa di una soluzione politica che includa la restituzione degli ostaggi e la fine delle operazioni militari israeliane. Anche l’Italia fa sentire la propria voce. Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, in un post su X, ha annunciato il sostegno al piano egiziano per la ricostruzione di Gaza e ha chiesto al ministro Sa’ar “di cessare gli attacchi e di consentire l’accesso permanente di tutti gli aiuti alimentari e sanitari alla Striscia”. Tajani ha ricordato l’impegno dell’Italia nel programma Food For Gaza e ha rilanciato la necessità di un processo politico credibile e inclusivo “per la coesistenza pacifica di due Stati”.

La minaccia degli Houthi: “Colpiremo tutte le navi legate a Israele” – Sul fronte regionale si inasprisce la tensione. Il movimento sciita Houthi, che controlla il nord dello Yemen, ha minacciato di attaccare le navi di qualsiasi compagnia commerciale che mantenga rapporti con i porti israeliani, indipendentemente dalla loro destinazione o bandiera. “Saranno colpite ovunque si trovino”, ha dichiarato il generale Yahya Saree, portavoce militare del gruppo.

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