Garlasco, Cassazione conferma semilibertà per Stasi. Su “impronta 10” non c’è Dna dell’assassino

di Redazione

La Corte di Cassazione ha confermato la misura della semilibertà per Alberto Stasi, rigettando il ricorso presentato dalla Procura generale della Corte d’Appello di Milano contro l’ordinanza del 9 aprile 2025. Il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza aveva concesso al 41enne – condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio dell’ex fidanzata Chiara Poggi – il beneficio della misura alternativa, che consente l’uscita dal carcere in orari prestabiliti per lavorare o seguire attività autorizzate.

Il delitto risale al 13 agosto 2007, quando la giovane venne trovata senza vita nella sua abitazione di Garlasco, in provincia di Pavia. La vicenda giudiziaria ha attraversato anni di processi e ribaltamenti, fino alla sentenza definitiva della Cassazione nel 2015. Oggi Stasi ha scontato più della metà della pena, aprendo così alla possibilità di accedere a misure alternative alla detenzione piena.

Intanto, nell’ambito del maxi incidente probatorio in corso, non emergerebbero nuovi elementi significativi. Le analisi su trenta fogli di acetato, contenenti una cinquantina di impronte digitali repertate, non avrebbero restituito materiale genetico sufficiente per l’estrazione di profili di Dna utilizzabili. È quanto si apprende dalle verifiche effettuate dai consulenti delle parti sui dati disponibili in giornata.

Nemmeno l’ormai nota “impronta 10” – quella rinvenuta sulla porta d’ingresso e ritenuta una possibile traccia del presunto aggressore – avrebbe fornito riscontri concreti: la quantità di materiale biologico è risultata insufficiente per identificare un profilo comparabile. Un esito che rischia di frenare ogni nuova ipotesi investigativa, nonostante le richieste di approfondimento tecnico avanzate negli ultimi anni dalla famiglia Poggi.

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