Napoli – Dopo oltre vent’anni, arriva una nuova e importante sentenza nel processo sull’efferato omicidio di Gelsomina Verde, la giovane di 21 anni brutalmente assassinata durante la prima cruenta faida di camorra a Scampia. Il gup Valentina Giovanniello ha inflitto 30 anni di reclusione a Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, alias ‘o Vichingo, al termine di un processo celebrato con rito abbreviato. Accolta in pieno la richiesta avanzata dai pubblici ministeri Maurizio De Marco e Stefania Di Dona.
I due imputati, arrestati il 27 luglio 2023, sono stati riconosciuti come componenti del gruppo che partecipò all’omicidio della giovane. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, quella sera del 21 novembre 2004, Gelsomina fu attirata in una trappola: un uomo si sedette accanto a lei nell’auto, mentre De Lucia e Rinaldi seguirono il veicolo, armati, fino al luogo in cui la ragazza venne uccisa con diversi colpi di pistola da Ugo De Lucia, cugino di Luigi e già condannato in precedenza per il delitto.
La giovane, totalmente estranea agli affari criminali, venne coinvolta suo malgrado nel feroce conflitto tra il clan Di Lauro e il gruppo degli Amato-Pagano, conosciuti anche come gli “scissionisti”. A causarne la morte fu un tragico errore: il clan Di Lauro era convinto che Gelsomina avesse informazioni sul rifugio del rivale Gennaro Notturno, detto ‘o sarracino. La ragazza, interrogata e torturata, negò ogni coinvolgimento. Nonostante la sua innocenza, i sicari decisero di non lasciarla andare e, dopo averla assassinata, bruciarono l’auto con il suo corpo all’interno per cancellare ogni traccia.
In aula, durante la lettura della sentenza, la madre della vittima, Anna Lucarelli, accompagnata dal figlio Francesco, non ha trattenuto la rabbia. Rivolta in videocollegamento verso i due imputati, ha inveito contro di loro ed è stata poi fatta allontanare dai carabinieri presenti in aula.
A pesare ancora di più sulla vicenda, il tentativo del clan di “riparare” al delitto con il denaro: Cosimo Di Lauro, figlio del boss Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo ‘o milionario (deceduto in carcere), avrebbe offerto 300mila euro alla famiglia Verde, nella speranza di attenuare l’onta che quell’assassinio aveva gettato sull’organizzazione criminale.