Aversa, il Liceo Siani ricorda Don Peppe Diana con la Brigata “Garibaldi” di Caserta

di Redazione

Aversa (Caserta) – Mattinata in memoria Don Peppe Diana al Liceo Giancarlo “Siani” di Aversa con un convegno sulla legalità, in vista della ricorrenza del trentennale dell’uccisione del sacerdote di Casal di Principe per mano della camorra il 19 marzo del 1994, e l’esibizione della Fanfara della Brigata Bersaglieri “Garibaldi” di Caserta. – continua sotto –

Un evento organizzato dalle due figure strumentali, Stefania Lucariello e Maria Consiglia Trasacco, moderato da Ilaria Rita Motti, giornalista e docente dell’istituto, con la supervisione della dirigente scolastica Rosaria Barone – sempre pronta a favorire iniziative per la legalità attraverso la figura di Giancarlo Siani, giornalista napoletano anch’egli ucciso dalla criminalità organizzata, a cui è intitolato il liceo aversano – e della vicepreside Stefania Febbraro, e celebrato in concomitanza con la Settimana dello Studente che va dal 4 all’8 marzo, coordinata dai giovani rappresentanti d’istituto Antonio Erario, Raffaele Seguino e Vincenzo Mozzillo e dalle referenti di consulta Menapia Noviello e Rita D’Angelo.

Tra gli ospiti del convegno Marisa Diana, sorella di Don Peppe; Augusto di Meo, fotografo e testimone oculare dell’uccisione del sacerdote; Fabio de Gemmis, referente provinciale Libera Caserta, e il colonnello Valentino De Simone, vicecomandante della Brigata “Garibaldi” di Caserta. – continua sotto –

Marisa Diana, con animo sempre commosso, ha incentivato i giovani alla non violenza, al rifiuto di proposte indecenti, a capire che tutto ciò che è importante richiede il suo tempo: “Ragazzi, non attecchite alla malavita, seguite una retta via e non abbiate paura dei tempi difficili. Con calma, tutto può aggiustarsi. Non credete al fare ingannevole degli uomini del male. Mio fratello – ha sottolineato Diana – era capace di stare vicino a tutti, di aiutare tutti, in un’epoca in cui la malavita perseguitava miriade di persone. Lui ha voluto rappresentare la speranza, il bene, l’esserci, in una ei fu società arida di perbenismo e pullulante di malaffare. Il sacrificio di mio fratello ha cambiato molti giovani. Mio fratello è morto per amore del suo popolo”. La sorella di don Peppe ha poi ricordato di aver conosciuto di persona i genitori di Giancarlo Siani, “ucciso dalla camorra perché oramai troppo vicino alle losche ‘verità scomode’. Ci siamo subito abbracciati e intesi, senza aver bisogno di tante parole”. – continua sotto –

Fabio De Gemmis ha puntato il dito sull’idea di memoria collettiva: “Non si possono dimenticare i crimini commessi, non bisogna smettere di lottare per annientare il fare malavitoso. La ‘memoria’ dello ‘struggente’ deve trasmutare gli animi sociali, ripristinando un ‘fare degradante e affatto lungimirante”. Alla domanda “Come pensa che Don Peppino si fosse potuto adeguare ai giovani, seguendo questa, a volte, spietata tecnologia che, per quanto all’avanguardia, ha svilito il bello della naturalezza?”, De Gemmis ha risposto: “Ipotizzo un Don Peppino che si sarebbe adoperato con il Tiktok, con WhatsApp e Instagram, al fine di creare ponti continui di comunicazione con i giovani, senza mai perdere la speranza di continuare a salvare ‘vite’ rassegnate al malaffare”.

Augusto Di Meo ha rievocato quella tragica mattina del 19 marzo 1994: “Mi sono trattenuto a parlare con Don Peppe, nel suo studiolo, per circa un’ora. Ci teneva che io preservassi le testimonianze di tutti i crimini che, all’epoca, avvenivano di sovente. Era mattina presto, dopo un po’ uscimmo dalla sua stanza e ci trovammo casualmente a parlare io, lui ed il sacrestano. Entrò di getto un uomo e ci chiese ‘Chi è Don Peppe Diana?’. Lui rispose ‘Io’ e fu immediatamente colpito in faccia da cinque colpi di pistola. L’assassino apparve molto disinvolto, se ne andò con calma. Il volto di Don Peppe apparve irriconoscibile, una pozza di sangue. Il mio primo pensiero fu quello di correre a salutare la mia famiglia, per rendicontarli, e poi subito in caserma, denunciando il riconoscibile uomo che aveva compiuto il crimine”.

Poi dalla tragedia alla calunnia. “Don Peppino – ha ricordato Di Meo – fu anche calunniato come amante di donne e detentore di armi, non sapevano più cosa attribuirgli. Io, nel frattempo, sono stato costretto a vivere in Umbria con la mia famiglia per quattro anni perché rischiavo di essere ucciso. Hanno provato a mettere in discussione l’accaduto rifacendosi al fatto che l’assassino avesse chiesto ‘chi è Don Peppe Diana?’. Non sono riusciti nel loro malevole intento. Mediante la mia capacità e veridicità fotografica siamo giunti al ‘vero’, ragion per cui nessuno ha più potuto avere da ridire. Per questo Don Peppe mi aveva vicino, come testimone tangibile di verità”. “Non smetterò mai di essere di buon esempio per i giovani e di pormi come sentinella di giustizia. La Resistenza si compie ogni giorno, con ogni piccolo gesto, scegliendo da che parte stare”, ha concluso Di Meo. – continua sotto –

Il colonnello De Simone ha invece sottolineato il concetto di “sacralità” costituzionale dove tutti gli uomini hanno il compito di assolvere alla salvaguardia collettiva, a differenza dei militari che hanno il dovere d’intervenire con le armi per asservire al primordiale compito di tutelare il proprio popolo da situazioni pericolose. “Il termine ‘sacralità’ – ha detto il vicecomandante della Garibaldi – si utilizza solo una volta all’interno della Costituzione. Questo lascia intendere l’intenzionalità ancorché religiosa che è stata abbinata ad un termine puramente e strettamente giuridico. Insisto con il comunicare alla popolazione intera di acquisire sempre più il senso di responsabilità verso le problematiche svariate altrui. Mai esimersi dal salvaguardare il vicino, sempre quando le situazioni lo consentono! S’interviene con l’arma, nel nostro caso, solo in situazioni estreme e per salvaguardia dell’ordine pubblico”.

“E’ bene disciplinare gli alunni ma – ha affermato la dirigente scolastica Barone – impariamo a perdonare e a credere in un riscatto personale. E’ l’unica arma vincente per una società continuamente e inutilmente assetata di vendetta. Dio esiste, basta cercarlo. Ci accoriamo tuttavia sentitamente alle famiglie defraudate da lutti iniqui e tragici, continuando a mettere in discussione le basi per una scuola sempre migliore e accogliente”. IN ALTO IL VIDEO, SOTTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
RedazioneWhatsappWhatsApp
Condividi con un amico