‘Ndrangheta, controlli alterati per favorire le cosche: arrestati funzionari delle Dogane

di Redazione

Due funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Gioia Tauro (Reggio Calabria) sono stati arrestati perché alteravano i controlli per favorire la ‘ndrangheta. – continua sotto –

In manette è finita anche una dipendente di una società di spedizioni, nell’ambito di un’operazione compiuta dalla guardia di finanza con il supporto dello Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) e la collaborazione di Europol e dell’Antidroga. Secondo l’accusa, i tre arrestati sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di droga. Sono state sequestrate oltre 2,7 tonnellate di cocaina.

Le misure cautelari sono state disposte dal gip su richiesta della Dda reggina guidata da Giovanni Bombardieri. In carcere sono stati portati i funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli Antonio Pititto, di 60 anni, residente a Mileto, addetto al controllo scanner, e Mario Giuseppe Italo Solano, di 51 anni, residente a Limbadi, in servizio all’ufficio antifrode, fino al 2021 addetto al “controllo scanner” e successivamente alla “visita merci”. Ai domiciliari è stata posta Elisa Calfapietra, di 36, residente a Gioia Tauro.

Le indagini sono state condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria-Gico di Reggio Calabria, anche con la collaborazione di personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e dagli esiti sarebbe emerso che i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale, ora disarticolato, costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della piana di Gioia Tauro. – continua sotto –

I doganieri, in servizio in punti nevralgici del dispositivo di controllo, quali il controllo scanner e quello “visivo” mediante apertura dei container, secondo l’accusa, avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati.

Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso dei controlli ordinari. Tra l’altro, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, se il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i verbali di sequestro per giustificare la perdita della droga, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito. Uno dei funzionari doganali, inoltre, si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito a eventuali operazioni condotte dalla Guardia di finanza, con l’intento di evitarne l’arresto.

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