Casal di Principe, una piazza e un parco alla memoria di Antonio e Giuseppe: vittime della criminalità

di Redazione

Casal di Principe (Caserta) – Antonio Petito e Giuseppe Di Matteo, sono due giovanissimi, uccisi dalla criminalità organizzata, uno a Casal di Principe ed un altro in Sicilia. A loro abbiamo il Comune ha dedicato una piazza e un parco giochi, realizzati su un bene confiscato in corso Umberto, di fronte all’Università della Legalità, non lontano dalla rotonda verso Villa Literno. – continua sotto –

Nell’anniversario della morte di Antonio Petito, il prossimo 8 febbraio, alle ore 11, saranno inaugurati i due spazi pubblici, scoprendo la targa di intitolazione.

L’iniziativa si inserisce nel percorso verso il trentennale della morte della medaglia d’oro don Peppe Diana. Alla cerimonia sono state invitate personalità delle Istituzioni e degli apparati dello Stato, oltre che alcune scuole.

“La memoria è fondamentale per evitare che tragedie come queste possano ripetersi; riteniamo che ricordare questi drammatici eventi sia dovere fondamentale delle Istituzioni e della società civile”, commentano il sindaco Renato Natale e l’avvocato Giuseppe Granata dell’associazione Familiari Vittime della Criminalità. – continua sotto –

Antonio Petito, giovane falegname di 20 anni, l’8 febbraio del 2002 venne raggiunto da numerosi colpi di pistola mentre si trovava nei pressi della sua abitazione. Il giovane era all’interno della sua vettura, quando venne affiancata da un’Audi A6 con a bordo tre uomini, uno dei quali scese dall’autovettura e gli esplose, a distanza ravvicinata, 12 colpi di pistola calibro 9. Il movente era legato ad un banale litigio per motivi di viabilità tra Petito e Gianluca Bidognetti, figlio, all’epoca 13enne, del capoclan Francesco Bidognetti, alias “Ciocciotto ‘e mezzanotte”. Il 13enne attraversava la strada e Petito, frenava maldestramente rischiando di investirlo. Ne nasceva una lite tra i due, ognuno che incolpava l’altro. Tornato a casa, Gianluca Bidognetti si lamentò dell’accaduto, con la madre, Anna Carrino, seconda moglie del boss, sostenendo che Petito aveva cercato di investirlo e aveva offeso l’onore della famiglia. Da qui la condanna a morte impartita, come emerso dalle indagini, dalla stessa Carrino.Fu organizzata una spedizione omicida nonostante le resistenze manifestate da qualche altro affiliato che preferiva soltanto intimorire Petito proprio per il fatto che si trattasse di un bravo ragazzo. Un commando del clan raggiunse Petito mentre stava andando a lavorare e lo uccise.

Giuseppe Di Matteo aveva 12 anni quando fu rapito su ordine di Giovanni Brusca, boss di San Giuseppe Jato, allora latitante, nel tentativo di impedire che il padre del ragazzino, Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia ed ex mafioso, facesse rivelazioni scottanti agli investigatori sulla strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di scorta. Coinvolti nel rapimento anche i boss Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano. Dopo oltre due anni, quando Brusca, latitante, venne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, su richiesta di Messina Denaro, dei Graviano e Bagarella, ordinò a Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo di uccidere il ragazzo, che venne strangolato e poi disciolto nell’acido l’11 gennaio 1996.

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