Aversa, la morte di Emanuele Di Caterino: per i giudici fu omicidio volontario, non legittima difesa

di Redazione

Non fu legittima difesa, né eccesso colposo della stessa. La morte del 14enne Emanuele Di Caterino, di San Cipriano d’Aversa, ucciso a coltellate il 7 aprile 2013, ad Aversa, in piazza Bellini, fu un omicidio volontario, seppur con l’attenuante della provocazione. – continua sotto –  

Così il collegio della Corte di Appello di Napoli, presieduto da Efisia Gaviano, ha motivato la condanna ad otto anni di carcere – emessa il 6 luglio scorso – per il 27enne Agostino Veneziano, di San Marcellino, che all’epoca era minorenne e aveva 17 anni.

Una condanna giunta al termine del sesto processo relativo alla vicenda, ed è probabile che nei prossimi mesi, con il ricorso per Cassazione, si celebri anche il settimo, e forse ultimo.

Nelle motivazioni della sentenza di condanna il collegio ripercorre le “due fasi” in cui si consumò la tragedia, che vide coinvolti tutti ragazzi minorenni, dai 14 ai 17 anni: la “prima fase” intorno alle 23.15 del 7 aprile, quando Veneziano iniziò a rompere a mani nude una tabella dell’ufficio postale, venendo per questo richiamato da un amico del 14enne Di Caterino, ovvero Emanuele Oliva; i due iniziarono a discutere, intervenne così Giuseppe Zagaria, amico di Oliva, che diede uno schiaffo da dietro a Veneziano. In quel momento questi ebbe la peggio, in quanto cadde a terra e venne colpito dai due amici ai quali si aggiunsero anche altri minori, tra cui Di Caterino, anche se non tutti i testimoni sono concordi sulla presenza in quel frangente del 14enne che, anzi, avrebbe tentato di sedare la rissa. Di certo, attorno ai ragazzi che si azzuffavano si creò un cerchio di altri adolescenti.

Ecco, quindi, la “seconda fase”, in cui intervenne un amico maggiorenne di Veneziano e quest’ultimo poté rialzarsi. A quel punto Veneziano cacciò il coltello e accecato dalla rabbia tirò fendenti ovunque – sembrava “Zorro” raccontò un testimone – colpendo così Di Caterino, poi anche gli amici di quest’ultimo, ovvero Oliva, Zagaria, Diana e Falanga, e urlando “v’accire a tutt’quant” (“vi ammazzo tutti”). Nessuno si accorse del coltello, solo alla vista del sangue i feriti capirono l’accaduto. In ospedale finirono Di Caterino, che morì, e altri quattro amici, di cui due con ferite gravi.

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