Aversa e la pista di atletica, Giovanni Savino: “Combatteremo per realizzare il sogno di mio padre”

di Redazione

Aversa (Caserta) – Il professor Giovanni Savino, figlio di Vittorio Savino, dirigente medico dell’Asl e anima dell’atletica leggera in provincia di Caserta, scomparso lo scorso 7 luglio, all’età di 67 anni, trascorsi pochi giorni dalle esequie ci invia una lettera dedicata al padre, in cui esprime amarezza per la mancata realizzazione, finora, della pista di atletica ad Aversa. – continua sotto – 

Un “sogno” che Vittorio ha avuto per quasi 53 anni. Non a caso, Paolo Santulli, già parlamentare, promotore della struttura sportiva al confine con Carinaro, ha proposto l’intitolazione della realizzanda pista (il cui iter da 20 anni è ostacolato da vari problemi, l’ultimo la presenza di rifiuti “tombati” nell’area, ndr.) proprio a Vittorio Savino.

“Ho letto queste righe sabato – ci scrive Giovanni Savino che, come il padre, è stato tra i primissimi collaboratori di Pupia Tv – durante il servizio funebre. Le pubblico perché è quello che avrebbe voluto, visto che si tratta della pista d’atletica leggera, un sogno che ha avuto per quasi 53 anni, sempre insabbiato dalla trasversale cinica indifferenza di certa politica aversana. E scrivo perché è molto facile fare dei post acchiappalike, per poi non mandare nessuno (né tantomeno una parola di conforto) in rappresentanza dell’amministrazione di una città a cui mio padre tanto ha dato”.

Ecco il testo: «Sai, papà, abbiamo pensato che avresti riso del manifesto, perché i titoli, li chiamavi “titoli nobiliari”, li hai sempre presi per una vanità inutile e presuntuosa. Anche perché, per migliaia di persone, eri semplicemente Vittorio, e non faceva differenza, se si trattava di bambini alla prima volta in pista o vincitori delle Olimpiadi, eri Vittorio. – continua sotto – 

Molti scrivono che sei (non riesco a usare il passato) l’atletica, ed è vero, almeno in questo territorio. Una passione durevole, la tua, iniziata nemmeno quattordicenne il giorno dello sbarco sulla Luna, e che ti ha portato dalle corse per andare a comprare il pane lungo il basolato di via del Plebiscito e delle strade del centro di questa città agli stadi mondiali: prima atleta, ma poi, soprattutto, dirigente, senza mai però avere sensi di superiorità o cose del genere, sempre sul campo. Sceglievi le macchine in base a quanti ragazzi potevano contenere, per portarli ad allenarsi o a fare le gare.

Essere in campo era per te normale e cosa praticamente quotidiana, spesso coinvolgendoci come famiglia, nolenti o volenti, anche quando hai organizzato grandi eventi, penso ai campionati assoluti italiani al San Paolo (ora Maradona) e tanti altri.

Una passione che aveva un risvolto sociale: nessuno dei ragazzi che ha fatto atletica ha mai pagato, e la tua squadra, negli ultimi decenni, è stata una delle poche occasioni di integrazione per quei bambini e ragazzi considerati “clandestini” dai nostri governi. Proprio tu ti sei battuto, e ci ho pensato tanto durante le scorse Olimpiadi, da consigliere federale, affinché quei ragazzi, privi della cittadinanza, potessero partecipare ai campionati italiani e diventare azzurri. Anche la tua attività da medico è stata sempre volta ad aiutare e ad agire secondo giustizia. – continua sotto – 

In questi giorni ho ripercorso anni insieme di viaggi in macchina, di gare e di risultati, negli ultimi tempi usavi Facebook come un’agenzia di stampa dell’atletica e non solo, penso a come hai seguito i tragici avvenimenti di questi mesi che mi hanno riportato qui.

Oggi (sabato per chi legge) sui campi d’atletica in Italia si osserverà un minuto di silenzio per ricordarti. Ma resta una grande amarezza: non aver visto la pista ad Aversa, che aspettiamo da 53 anni, e noi continueremo a dar battaglia, affinché qui possa esserci questo luogo d’incontro e di sport per tutti, di solidarietà e di valori, e continueremo a chiederla nel tuo nome.

La campanella dell’ultimo giro è suonata, e credo di poterlo dire anche a nome dell’atletica italiana: grazie papà».

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