Strage di Capaci e la “pista nera”, Dia perquisisce redazione Report: “Verifica su fonti, non su giornalista”

di Redazione

Perquisizione della Direzione investigativa antimafia, su mandato della Procura di Caltanissetta, nell’abitazione dell’inviato di Report Paolo Mondani e nella redazione del programma di Raitre guidata da Sigfrido Ranucci. Il motivo è legato all’intenzione di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera sulla strage di Capaci nella quale si parla dell’ipotesi della “pista nera” dietro la morte di Giovanni Falcon, evidenziando la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato di Capaci”.

Nel servizio sono state inserite le interviste al luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini e a Maria Romeo, dalle quali è emerso che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura del capoluogo siciliano, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni sulla preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento) e sulla funzione svolta da Salvatore Biondino quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino. – continua sotto – 

La Procura di Caltanissetta, in una nota a firma del procuratore Salvatore De Luca, ritiene che “tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi”.

“In particolare, – prosegue la nota – nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, il Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage). Per quel che riguarda la rilevanza di Biondino Salvatore, il Lo Cicero ha affermato, sia nel corso delle discussioni intercettate, che nell’ambito degli interrogatori antecedenti alla cattura di Salvatore Riina, che il detto Biondino era l’autista del latitante Gambino Giacomo Giuseppe, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione del Salvatore Riina, se non in data 22.1.1993 (cioè in data successiva alla cattura del detto latitante): ‘vedendo la sua immagine proprio sui giornali e in televisione, mi sono ricordato che quella persona l’ho vista qualche volta nella villa del Troia’. Allo stesso modo il Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie”.

“Non compete a questo Ufficio – continua la Procura antimafia nissena – esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza; qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina. Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il cosiddetto depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di ‘cosa nostra’ in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto”. – continua sotto – 

“Ed è proprio per verificare la genuinità delle fonti – prosegue la nota – che questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report, che non è indagato. Tale perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario. Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio, in una occasione, il detto giornalista avrebbe incontrato il suindicato Luogotenente in congedo Giustini, non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in possesso di esso giornalista in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E’ necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini, che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo”.

Da parte sua, Sigfrido Ranucci all’Adnkronos, non ritiene le perquisizioni della Dia come un atto ostile nei confronti di Report, ma sottolinea: “Mi preoccupa il fatto che se uno acquisisce i supporti informatici, pc, telefoni, ci sono elementi sensibili per quello che riguarda le fonti. Poi noi notoriamente siamo disponibili a dare tutto il supporto alla magistratura. Lo abbiamo sempre fatto. Credo che lo stesso intento della Procura di Caltanissetta si sarebbe potuto esercitare attraverso una collaborazione. So che il collega Mondani ne aveva parlato con il capo della Procura. Sono sorpreso – prosegue il giornalista – da questo atto di perquisizione e acquisizione del materiale anche perché è stato firmato il 20 maggio e cioè 3 giorni prima della messa in onda del programma”.

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