Parma, evasione fiscale e violazioni su antinfortunistica: sequestri per 42 milioni a società logistica

di Redazione

La Guardia di Finanza di Parma ha eseguito un decreto di sequestro preventivo della totalità delle quote del capitale sociale di cinque imprese (una capogruppo, le altre “satelliti”) attive nella logistica (settore del facchinaggio e della movimentazione merci) con sede operativa nella città emiliana, con contestuale nomina di un amministratore giudiziario e il sequestro preventivo di beni mobili, immobili e disponibilità liquide fino alla concorrenza dell’ammontare delle imposte complessivamente evase nell’arco temporale 2017-2020, pari a circa 42 milioni di euro. – continua sotto –

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Parma e svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria, sono inizialmente scaturite da due infortuni sul lavoro verificatisi all’interno dei magazzini di movimentazione delle merci della società di logistica (trattasi di società di primaria importanza, per volume di affari ed operatività sul territorio) in cui sono rimasti coinvolti due lavoratori (entrambi di nazionalità estera), risultati dipendenti di imprese/cooperative diverse dalla citata società. In particolare, le indagini sugli infortuni consentivano di ipotizzare diverse violazioni alla normativa antinfortunistica e permettevano di individuare un’unica realtà economica di riferimento, l’esistenza di plurimi contratti di appalto e di sub-appalto interni al gruppo, mediante l’interposizione di altre società appartenenti al gruppo stesso, nonché la coincidenza dei dirigenti delle varie realtà aziendali di riferimento.

Pertanto, le attività investigative sono state immediatamente estese alla ricostruzione dei rapporti commerciali e societari tra tutte le imprese individuate al fine di verificare la genuinità dei contratti d’appalto di manodopera in essere. La ricostruzione investigativa ha evidenziato, secondo la Procura, l’esistenza di un meccanismo fraudolento che sarebbe stato realizzato dalla capogruppo con il ricorso a numerosi contratti d’appalto non genuini, stante l’assenza, in capo alle imprese appaltatrici, di quegli elementi sintomatici della genuinità degli appalti, ovvero: organizzazione dei mezzi, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto; potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto; assunzione del rischio d’impresa.

In particolare, secondo l’ipotesi accusatoria, condivisa dal gip, quel che appare dalle indagini è un’unitaria struttura direttiva e organizzativa accentrata nella impresa capofila per la gestione del personale facente capo alle diverse imprese “consociate”. A titolo esemplificativo, la capogruppo avrebbe deciso le assunzioni, l’impiego, l’organizzazione e la retribuzione dei lavoratori delle diverse imprese appaltatrici che operavano in modo promiscuo presso le medesime sedi operative, a dimostrazione di una regia unica effettiva. Di contro, le imprese appaltatrici sarebbero rimaste prive di autonomia nella gestione ordinaria dei rapporti contrattuali e finanziari con i propri fornitori (ad es. di carrelli elevatori e abbigliamento da lavoro). – continua sotto –

Infine, la capogruppo appare aver determinato anche le tariffe che le imprese appaltatrici avrebbero dovuto praticare nei suoi confronti, ricorrendo ad un collaudato sistema di conguagli che, in realtà, sarebbero serviti a compensare a fine anno (e dunque a posteriori) eventuali ulteriori costi non preventivati e a redistribuire i margini a cascata sulle “consociate”, in modo da eliminare qualsiasi rischio d’impresa in capo alle società appaltatrici, così portandole, quantomeno, in una situazione di pareggio costi/ricavi. Peraltro, nelle fatture emesse in occasione dei conguagli, il riconoscimento di tali maggiori importi per centinaia di migliaia di euro era formalmente giustificato con motivazioni diverse.

L’ingerenza della società capofila appare assicurata sia attraverso l’impiego, presso le società satellite, di persone di fiducia con incarichi dirigenziali (i quali, al di là della formale posizione ricoperta, in realtà appaiono agire in nome e per conto della prima) sia mediante la realizzazione, meramente formale, di una rete d’impresa, all’interno della quale, di fatto, tutte le decisioni verrebbero assunte dalla capogruppo. Tra le imprese “consociate” figurano anche tre cooperative di produzione e lavoro che, in base a quanto emerso dalle indagini, sarebbero di fatto prive dei requisiti mutualistici ma, in virtù della veste formale loro attribuita di società cooperativa, hanno in taluni casi beneficiato di un regime fiscale agevolato sul reddito prodotto di cui non avrebbe potuto usufruire la capogruppo, trattandosi di impresa commerciale.

Secondo l’ipotesi d’accusa, tale meccanismo fraudolento avrebbe prodotto vantaggiosi effetti fiscali per la committente consistenti in: detrazioni dell’Iva delle fatture ricevute dagli appaltatori, per diversi milioni di euro all’anno; costi deducibili anche ai fini Irap essendo qualificati quali costi per servizi; trasferimento di fatto del debito Iva alle società appaltatrici collegate, alle quali vengono infatti contestate condotte di omesso versamento di Iva per gli anni dal 2017 al 2019 per un importo totale di euro 16 milioni e 451.781 euro. In un caso, una delle imprese “consociate” avrebbe trasferito la sede all’estero senza versare il debito d’imposta a suo carico, ammontante a circa 500mila euro. Ciò avrebbe comportato, altresì, un vantaggio competitivo per la capogruppo, consentendole di praticare alle imprese clienti condizioni economiche più favorevoli rispetto ai concorrenti. – continua sotto –

I reati a vario titolo contestati sono l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, l’omesso versamento di Iva, l’omessa dichiarazione ai fini dell’Iva, con la complessiva rilevazione di: un’Iva evasa per 36 milioni e 238.821 a fronte di fatture soggettivamente inesistenti di importo totale pari a 164 milioni e 733.880,35; omessi versamenti di Iva per 16 milioni e 451.781; omessa dichiarazione Iva per 303.059 eurol. A ciò si aggiunga la contestazione di lesioni personali colpose per gli infortuni sul lavoro, settore sul quale da tempo la Procura di Parma è particolarmente impegnata.

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