Mafia, 16 arresti contro clan “Pillera-Puntina” di Catania

di Redazione

Operazione “Consolazione” della Polizia di Stato che, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania, ha arrestato 16 persone appartenenti al clan “Pillera-Puntina”, indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione e usura. I provvedimenti sono stati firmati dal giudice per le indagini preliminari del tribunale etneo Pietro Currò, mentre l’inchiesta è stata coordinata dai sostituti procuratore Antonella Barrera e Assunta Musella e dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo. – continua sotto –

In carcere sono finiti: Giacomo Maurizio Ieni, 65 anni, Fabrizio Pappalardo, di 55, Nicola Cristian Sebastiano, 37, Carmelo Faro, 52, Angelo Magni, 58, Francesco Nicolosi, 52, Roberto Pappalardo, 51, Vittorio Puglisi, 62, David Massimo Puleo, 50, Giovanni Recupero, 51, Fausto Russo, 33, Tommaso Orazio Maria Russo, 65, Giuseppe Saitta, 54, Giacinto Sicali, 57, e Giacomo Pietro Spalletta, 61; a domiciliari Carmelo Podestà, 36. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo anche i presunti vertici della cosca, come Giacomo Maurizio Ieni, che, secondo i collaboratori di giustizia, sarebbe il reggente del sodalizio criminale e Fabrizio Pappalardo, indicato come il capo del “gruppo del Borgo” che opera in piazza Cavour, nel rione “Consolazione”, da cui ha preso nome l’operazione.

Le indagini sono state avviate nel 2015 e hanno fatto luce anche sulla richiesta a uno dei titolari di una delle più note e rinomate pasticcerie della città costretto a versare 5mila euro, in due rate, per le feste di Natale e Pasqua, a consegnare nel tempo a esponenti del clan 12 ceste natalizie e praticare per loro “sconti” sugli acquisti. Destinatario di un atto intimidatorio, invece, il titolare di un panificio che è stato devastato per fare pagare al titolare la “liquidazione” che sarebbe spettata alla figlia di un appartenente al clan che lì aveva lavorato, colpendo con dei caschi alla testa due dipendenti presenti. Alle violenze, come rileva la Dda di Catania, avrebbero fatto seguito le minacce alla moglie del panettiere (“Se non mi dici dov’è tuo marito scippamu (stacchiamo, ndr) a testa a te e ai bambini”) e allo stesso titolare (“Se non dici la verità ammazzo a te e la tua famiglia…il panificio domani deve restare chiuso se no ti ammazziamo la famiglia…”).

Dall’attività investigativa è emerso anche il tentativo di estorsione a un imprenditore, picchiato e minacciato perché si rifiutava di pagare una tangente di oltre 9mila euro e che ha denunciato la violenza subìta. Il titolare di un’altra azienda è stato avvicinato e minacciato per indurlo a versare il “pizzo” al clan con la classica richiesta di “cercarsi un amico”, perché, gli è stato intimato, “è buona abitudine che quando uno viene a casa mia si dovrebbe presentare…”. E’ emersa, tra l’altro, la tecnica estorsiva del “cavallo di ritorno”, ossia di un “riscatto” al proprietario per la restituzione di uno scooter rubato. “Tutte le ipotesi accusatorie, allo stato avallate dal gip – sottolinea la Procura di Catania in una nota – dovranno trovare conferma in esito al procedimento penale che verrà instaurato nel contradittorio tra le parti, come legislativamente previsto”. IN ALTO IL VIDEO

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