Usura nel Palermitano, 10 arresti e sequestri per 500mila euro

di Redazione

Operazione “Araldo” dei finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e dei carabinieri della compagnia di Bagheria che hanno tratto in arresto 10 persone, in esecuzione di un provvedimento, emesso su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, di cui 9 in carcere e una agli arresti domiciliari. Altre 11 persone sono indagate a piede libero. Si è anche proceduto al sequestro preventivo di quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio e relativo terreno e un bar-tavola calda di Villabate con annesso chiosco, per un valore complessivo di circa 500mila euro.

I reati contestati sono, a vario titolo, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. L’attività investigativa, iniziata nell’aprile 2018, ha accertato l’esistenza di un sodalizio dedito all’usura tra i comuni palermitani di Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Le vittime, tutte in evidente stato di indigenza e in una chiara posizione di insolvenza, erano costrette a rivolgersi agli arrestati per poter ricevere dei prestiti con un tasso usuraio variante. Tassi che, a seconda degli episodi, variavano dal 143% annuo e raggiungevano anche il 5.400% annuo (a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro). Alle vittime, inoltre, la restituzione della somma di denaro prestata veniva richiesta mediante violenza o minaccia, a titolo di compendio estorsivo. Le attività illecite venivano svolte con metodologia mafiosa, poiché i sodali evidenziavano alle vittime la provenienza mafiosa del denaro oggetto di finanziamento, con il chiaro intento di incutere timore e di garantirsi la restituzione degli importi pattuiti.

L’organizzazione criminale, anche con la collaborazione di una funzionaria in servizio presso la società “Riscossione Sicilia Spa” (che forniva illecitamente notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti), una volta individuate le potenziali vittime, assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti ai tassi usurai descritti. L’analisi del considerevole materiale investigativo acquisito anche con articolata attività tecnica e i puntuali riscontri eseguiti dai militari, consentivano di delineare con esattezza i ruoli ricoperti da ciascuno degli indagati.

Tra i vari episodi estorsivi, in relazione ai quali il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto fondati i gravi indizi di colpevolezza, è stato documentato anche il coinvolgimento di Giuseppe Scaduto, 75 anni, già capo del mandamento di Bagheria ed all’epoca sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, il quale delegava Atanasio Alcamo, 45 anni già imputato per 416-bis, entrambi destinatari della misura cautelare oggi eseguita. Sono, inoltre, stati tratti in arresto: Giovanni Di Salvo, 42 anni, ritenuto capo e organizzatore del sodalizio; l’avvocato Alessandro Del Giudice, 54, ritenuto promotore e procacciatore di clienti; Simone Nappini, 50 anni, considerato intermediario e erogatore materiale dei prestiti. Antonino Troia, 57 anni, detto “Nino”; Giovanni Riela, 48 anni; Gioacchino Focarino, 69 anni, detto “Gino”; Antonino Saverino, 66 anni, detto “Nino”; Vincenzo Fucarino, 74 anni, finito ai domiciliari.

L’indagine è stata avviata focalizzando inizialmente l’attenzione investigativa sull’avvocato Del Giudice, pienamente inserito nel sistema di erogazione illecita di prestiti, che, in qualità di legale di un “uomo d’onore” intraneo alla famiglia mafiosa di Misilmeri, aveva assunto, ripetutamente, la veste di portavoce del proprio assistito detenuto per messaggi e direttive da veicolare fuori dall’istituto penitenziario, garantendogli la periodica comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali, fittiziamente intestate a terzi, nelle quali aveva investito i proventi di pregresse attività delittuose.

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