Carinaro, false fatture per 30 milioni di euro: arresti e sequestri

di Redazione

Cinque persone – di cui due sottoposte agli arresti domiciliari, altre due ad obbligo di presentazione alle forze dell’ordine e una ad obbligo di dimora – sono state destinatarie, stamani, di misure cautelari notificate dalla Guardia di Finanza di Aversa nell’ambito di un’inchiesta che ha smascherato un’organizzazione criminale dedita a ingenti frodi fiscali ai danni dello Stato. – continua sotto – 

Il provvedimento – emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, su richiesta della locale Procura – arriva al culmine di una complessa indagine svolta dai finanzieri aversani che hanno accertato un vorticoso giro di false fatturazioni, per un ammontare di oltre 30 milioni di euro, finalizzato all’evasione fiscale e all’indebita compensazione di rilevanti crediti tributari. Al centro del sofisticato meccanismo fraudolento vi era una società “capogruppo”, società leader nel settore delle forniture di energia elettrica, con sede dichiarata a Rimini ma di fatto operante a Carinaro, ed una fitta rete di società “satellite” costituite con l’unico scopo di giustificare operazioni economiche e commerciali in realtà del tutto inesistenti. – continua sotto – 

In particolare, le società emettevano fatture false (tutte con lo stesso formato grafico) a favore della “società madre” ma, essendo delle mere “cartiere” prive di qualsivoglia organizzazione aziendale, non adempivano ai loro obblighi tributari, evadendo in toto sia le imposte sui redditi che l’Iva. Da parte sua, la società capofila riusciva non solo a far figurare costi fittizi per abbattere il proprio imponibile fiscale ma, allo stesso tempo, era in grado di utilizzare i relativi crediti d’imposta per compensare i rilevanti debiti tributari maturati attraverso la propria attività aziendale. Poiché, grazie a tale meccanismo, le società coinvolte hanno potuto usufruire di ingenti risparmi d’imposta, realizzando proventi illeciti da evasione fiscale per oltre 7,5 milioni di euro, il tribunale ha disposto anche il sequestro preventivo dei beni e delle disponibilità finanziare riconducibili agli indagati per un valore corrispondente ai profitti illeciti.

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