Pavia, maxi truffa su energie rinnovabili: arresti e sequestri per 140 milioni

di Redazione

11 indagati (6 finiti agli arresti domiciliari e 5 sottoposti ad obbligo di firma) e oltre 50 perquisizioni in diverse regioni del centro-nord Italia (Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emila Romagna, Sardegna, Lazio). E’ il bilancio dell’operazione, coordinata dalla Procura di Pavia – procuratore aggiunto Mario Venditti e sostituto procuratore Paolo Mazza – e condotta dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri, che ha smantellato un’organizzazione criminale specializzata che dal 2012 ad oggi ha frodato oltre 143 milioni di euro di contributi pubblici. Sequestrati 69 rapporti bancari, 22 quote societarie di altrettante società del gruppo del valore di circa 19 milioni di euro, 147 fra veicoli, immobili e terreni del valore di oltre 12 milioni di euro, tra cui un prestigioso appartamento nel cuore di Milano, una villa di pregio con piscina vista mare sita a Portobello di Gallura (Sassari) e una villa in collina sita a Galbiate (Lecco) oltre all’intera centrale elettrica del valore di circa 70 milioni. – continua sotto – 

Tutto nasce quando, nel 2011, per aderire al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici e per rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose. La legge, però, subordina tale incentivo economico all’utilizzo di legname proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale e, per tale motivo, impone rigide regole sulla provenienza e sulla tracciabilità delle biomasse bruciate. Ma la nobile finalità di contribuire alla riduzione dell’emissione dei gas serra, pur preservando il patrimonio boschivo nazionale, non sembrava interessare i vertici della “Biolevano” che, invece, erano proiettati ad accaparrarsi fraudolentemente gli ingenti incentivi statali. E si trattava di contributi estremamente allettanti. – continua sotto – 

Per dare un ordine di grandezza basti osservare che per ogni milione di euro di energia venduta, la Biolevano percepiva dal Gestore dei Servizi Elettrici (Gse) oltre 3 milioni di euro di contributi, ovvero, il massimo degli incentivi possibili. Questo cospicuo incentivo, come risulta dall’accordo siglato nel 2012 tra la Biolevano e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Mipaf), era possibile solo perché la Biolevano si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto (max 70 chilometri). Ma era un impegno solo sulla carta, poiché, attraverso una fitta rete di complici, i vertici della Biolevano acquistavano qualunque tipo di legname ovunque reperibile (a volte anche all’estero) purché al minor prezzo possibile. Assicuratasi la materia prima ad un prezzo nettamente inferiore ai propri competitors (dal 30% al 50% in meno) per far risultare il legname di provenienza locale e tracciato ai vertici della Biolevano bastava falsificare le carte, cioè, falsificare i documenti di trasporto e le fatture. Con tali artifizi e raggiri gli odierni arrestati sono riusciti a frodare negli ultimi cinque anni contributi per oltre 143 milioni di euro. Soldi erogati dal Gestore dei Servizi Energetici ma in ultima analisi prelevati dalle tariffe delle bollette elettriche pagate da tutti noi cittadini, attraverso una specifica voce in bolletta a sostegno delle energie rinnovabili. – continua sotto – 

L’indagine partita nell’ottobre del 2019, sulla base di un’attività di intelligence della locale sezione di polizia giudiziaria della Procura pavese, poi sviluppata insieme alla locale compagnia della Guardia di Finanza, ha consentito di disvelare questo sistema di frode impernato, in ultima analisi, sulla falsificazione di documenti di trasporto e fatture. E’ stato dimostrato come la centrale elettrica, appena raggiunto il pieno regime di funzionamento, abbia sistematicamente ed illegalmente acquistato legname e biomasse non tracciate e ubicate ben oltre i 70 chilometri di distanza previsti dalla normativa di settore, approvvigionandosi da fornitori non abilitati a certificare il prodotto, da aziende di trasformazione del legno non rientranti negli accordi quadro e da commercianti anche esteri. Tra le centinaia di carichi attenzionati in fase di indagine i militari della Guardia di Finanza, a solo titolo esemplificativo, hanno accertato come parte del legname “falsamente tracciato ed a km zero” provenisse dalla Svizzera e come, molti degli autisti di biomassa, viaggiassero persino con due documenti di trasporto: uno vero con provenienza non incentivabile che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto e uno falso redatto ad hoc che veniva conservato agli atti per dimostrare agli ispettori del ministero che tutto era regolare. – continua sotto – 

Il ruolo di principale promotore di tale frode lo ha avuto T.P.F., 72 anni, al quale si sono affiancati C.F.B., 70 anni, per la gestione amministrativa della centrale energetica, e C.A. per quella commerciale. Sul fronte dei fornitori di legname, le attività investigative, durate circa un anno, hanno permesso di individuare, per gli anni che vanno dal 2012 al 2019, altri tre soggetti, amministratori di società che, in associazione tra loro e con i vertici della centrale elettrica, si sono adoperati affinché la stessa potesse ottenere fraudolentemente il massimo contributo statale disponibile. Le perquisizioni e i sequestri della copiosa documentazione e dei supporti informatici che le fiamme gialle stanno eseguendo in queste ore, potrebbero portare ad ulteriori sviluppi investigativi in relazione ad aspetti ancora da chiarire circa la reale provenienza e qualità di alcune partite di materiale conferite presso gli impianti della Biolevano. Eseguiti, inoltre, mirati accertamenti sia di natura documentale che attraverso l’acquisizione di informazioni, al fine di individuare ulteriori figure, fisiche e giuridiche che, nel corso degli anni si sono occupate di eseguire perizie agronomiche finalizzate alla quantificazione della biomassa presente nella cosiddetta “filiera corta” locale. IN ALTO IL VIDEO

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