Catania, arresti per tratta giovani nigeriane: indagine partita dopo sbarco Aquarius

di Redazione

Una tratta di esseri umani che ha coinvolto, come vittime, giovani donne nigeriane è al centro di un’operazione della Polizia di Catania, coordinata dalla locale Procura Distrettuale etnea. Arresti, con l’operazione ‘Promise land’, sono in corso in ambito nazionale nei confronti di un gruppo criminale specializzato nella lucrosa attività di ‘human trafficking’. Sono dieci i migranti arrestati tra Catania, Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo.

Le indagini sono state avviate dalla Squadra mobile della Questura di Catania dopo lo sbarco di migranti avvenuto nel porto del capoluogo etneo il 7 aprile 2017 dalla motonave Aquarius della Ong Sos Mediteranee che “hanno permesso di fare luce su numerosi casi di tratta ai danni di giovani ragazze nigeriane”. Contestate anche le aggravanti della transnazionalità del reato, di avere agito mediante minaccia attuata attraverso il rito del voodoo. Alle vittime, talvolta minorenni, non veniva detto che sarebbero state avviate alla prostituzione, ma piuttosto che avrebbero avuto un lavoro legale. E così reclutate in Nigeria dai genitori degli aguzzini arrestati che individuavano le più attraenti, le ragazze che come hanno spiegato gli investigatori “potevano soddisfare del mercato del sesso italiano”.

L’indagine è partita dalle dichiarazioni di una giovane nigeriana giunta il 7 aprile di tre anni fa insieme ad altri 433 migranti a Catania. Individuata dal team di investigatori nella cosidetta “early identification” di presunte vittime di tratta ha raccontato di avere lasciato il suo paese perché convinta da un connazionale di nome Osas, che le aveva proposto di raggiungerlo in Italia, promettendole un lavoro lecito e anticipandole le spese del viaggio. Così però non è stato. Tenuta sotto stretta osservazione da parte dei componenti la banda transnazionale la giovane, alla fine ha dovuto cedere al suo aguzzino. Si è dovuta prostituire per soddisfare quello che veniva chiamato il “debito d’ingaggio”, che si aggirava tra i 25 e i 30mila euro. IN ALTO IL VIDEO

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