Latina, sequestrati beni per 10 milioni a imprenditore calabrese

di Redazione

 I finanzieri del comando provinciale della Guardia di Finanza di Latina, in collaborazione con il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, sotto il coordinamento della Procura della Antimafia di Roma, nell’ambito dell’operazione “Gerione” hanno eseguito il sequestro dell’ingente patrimonio, costituito da imprese commerciali, beni immobili e disponibilità finanziarie, per un valore di 10 milioni di euro, riconducibile a S.G., 45 anni, di Reggio Calabria, operante principalmente nel settore dell’edilizia, immobiliare e del commercio di prodotti elettronici.

I beni sottoposti a vincolo (53 immobili, tra appartamenti e terreni, un opificio industriale, 5 autoveicoli, una imbarcazione, conti correnti, quote societarie e l’intero compendio aziendale di  10 società) nelle province di Roma, Milano, Reggio Calabria e Latina, sono risultati, a vario titolo, nella disponibilità del 45enne, da anni residente in provincia di Latina e gravato, a partire dagli anni ‘90, da plurimi precedenti penali e numerose sentenze definitive di condanna per reati contro il patrimonio, di bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale.

Le attività investigative, condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Latina, hanno consentito di accertare il rilevante spessore criminale del soggetto, identificandolo quale appartenente ad una famiglia vicina a note cosche malavitose facenti parte dell’organizzazione criminale calabrese della ‘ndrangheta, nonché la sua raffinata e pervicace capacità delinquenziale, testimoniata dalle attività di riciclaggio dei capitali illeciti dallo stesso poste in essere mediante la creazione di numerose società, anche all’estero, intestate a prestanomi. Da ultimo, S.G. nel 2018 è stato tratto in arresto, unitamente ad altri tre soggetti, in quanto ritenuto responsabile di tentato omicidio (commesso ai danni di due imprenditori romani con l’utilizzo di bombe a mano e fucili automatici tipo kalashnikov), estorsione e usura, reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso.

Gli approfondimenti patrimoniali, condotti con il continuo supporto operativo del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno permesso, mediante l’interrogazione massiva delle banche dati in uso alle Fiamme gialle, l’esame di copiosa documentazione bancaria e lo sviluppo di segnalazioni per operazioni sospette di elaborare schede globali molecola afferenti l’accumulazione illecita di un ingente patrimonio. L’indagato, infatti, poteva disporre, direttamente o indirettamente, di un compendio di beni il cui valore è risultato decisamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.

Le tesi investigative trovavano, inoltre, ampio e pieno riscontro nelle dichiarazioni rese da taluni collaboratori di giustizia i quali confermavano che S.G., al fine di tenere sotto traccia i propri affari, si avvaleva di prestanomi incensurati apparentemente operanti nella legalità. Il provvedimento ablativo costituisce l’epilogo di complesse indagini economico-patrimoniali condotte, ai sensi del “Codice Antimafia”, e si fonda sul riconoscimento, a carico del proposto, di una qualificata e permanente pericolosità sociale che si è manifestata con gravi episodi delittuosi commessi anche nel periodo in cui il medesimo era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. IN ALTO IL VIDEO

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