Bologna, l’azienda di bioplastiche “Bio-on” nella bufera: arrestato il presidente

di Redazione

 I militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Bologna hanno eseguito, su disposizione del gip Alberto Ziroldi, un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di tre esponenti apicali della “Bio-on”, una nota società per azioni bolognese, operante nel settore della bioplastica e quotata in Borsa nel segmento Aim, ritenuti responsabili dei reati di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato. E’ stato, inoltre, disposto il sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per 150 milioni di euro.

Si tratta, nello specifico, di Marco Astorri, socio e presidente del consiglio di amministrazione, sottoposto agli arresti domiciliari, di Guy Cicognani, socio e vicepresidente del consiglio di amministrazione, e Gianfranco Capodaglio, presidente del collegio sindacale, destinatari questi ultimi di una misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche. L’operazione, denominata “Plastic Bubbles”, che vede complessivamente indagate nove persone (fra amministratori, sindaci, direttore finanziario e revisore), nasce dal monitoraggio svolto dalle fiamme gialle del Nucleo di polizia economico finanziaria dell’andamento delle contrattazioni in Borsa relative ai principali titoli azionari di aziende operanti nell’area bolognese. Tale attività consentiva, lo scorso mese di luglio, di rilevare e segnalare alla locale autorità giudiziaria una forte anomalia nell’andamento del titolo della citata società a seguito della pubblicazione di un report da parte di un fondo americano, che ne metteva in discussione la veridicità dei dati contabili e la solidità finanziaria.

Le successive attività di indagine, anche di natura tecnica, delegate dalla Procura di Bologna, nella persona del procuratore aggiunto Francesco Caleca e del sostituto procuratore Michele Martorelli, hanno evidenziato numerose irregolarità in ordine alla formazione dei bilanci e all’informazione societaria riportata al Mercato, con particolare riferimento ai ricavi ed al livello di produzione dichiarati dalla società felsinea. Nel dettaglio è stato rilevato come gran parte dei ricavi iscritti nei bilanci della società dal 2015 al 2018 fosse non veritiera, con riguardo alle tempistiche e modalità di effettiva realizzazione, mentre parte dei ricavi generati da cessioni di licenze nei confronti di due joint venture contabilizzate nel 2018, sarebbe frutto di operazioni fittizie. Inoltre, evidenzia il gip, “le false informazioni di bilancio sono risultate strettamente funzionali ad accrescere la capitalizzazione” e, conseguentemente, rendere più appetibili sul Mercato le azioni della società.

Infatti la strategia comunicativa utilizzata dal presidente del Consiglio di amministrazione, definita, scrive ancora il gip, “roboante, ammiccante ed ottimisticamente proiettata verso obiettivi sempre più significativi che sottaceva alcuni dati di fondo sviluppati dall’attività di indagine”, è riuscita a creare nel mercato ingannevoli aspettative di forte crescita-espansione, influenzando significativamente l’andamento del titolo. Tale condotta ha consentito di raccogliere ingenti risorse finanziarie e generare indebiti vantaggi economici per i soci, anche a seguito della cessione di warrant collegati al titolo. Le attività di sequestro hanno avuto ad oggetto beni e risorse finanziarie degli indagati fino al raggiungimento dell’importo del profitto del reato, quantificato in 36 milioni di euro, nonché le azioni della società quotata nella disponibilità degli stessi, il cui valore ammonta a circa 115 milioni di euro. Contemporaneamente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari sono state eseguite numerose perquisizioni fra Emilia Romagna, Lombardia e Lazio.

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