Bancarotta fraudolenta, sequestrati immobili tra Poggibonsi e San Gimignano

di Redazione

I finanzieri del comando provinciale di Siena, a seguito di una complessa attività di polizia economico-finanziaria, hanno dato esecuzione, nei mesi scorsi, ad un decreto di sequestro preventivo – disposto dal giudice per le indagini preliminari di Siena, su richiesta del procuratore Salvatore Vitello – avente ad oggetto due complessi immobiliari costituiti da 54 unità, ubicati in parte nel comune di Poggibonsi e in parte in quello di San Gimignano, per un valore complessivo di 7 milioni di euro.

Gli immobili, di tipo residenziale, sono stati costruiti da una società operante principalmente nella Valdelsa nel settore dell’edilizia sin dal 1998 che, nel tempo, aveva accumulato debiti per circa 10 milioni di euro e dichiarata fallita, con sentenza dell’8 febbraio 2016, dal Tribunale di Siena. Le complesse e articolate indagini delegate alla Tenenza della Guardia di Finanza di Poggibonsi hanno permesso di accertare come l’amministratore dell’impresa fallita abbia costituito agli inizi del 2015, con il concorso di terzi, una nuova società alla quale ha ceduto la quasi totalità del patrimonio immobiliare oggetto del sequestro. Tale società, la cui gestione veniva formalmente affidata ad un prestanome, era di fatto amministrata dall’imprenditore fallito il quale, nel corso del 2015 e 2016, era riuscito a vendere, e in qualche caso ad affittare, il 90% degli appartamenti a privati.

Complessivamente le indagini hanno permesso di accertare come l’amministratore di fatto della società avesse messo in piedi un’articolata strategia fraudolenta volta ad occultare i beni della fallita in danno ai creditori tra cui banche, imprese e Stato. In particolare, i beni immobili sequestrati riguardano 22 appartamenti, 23 garage e 4 cantine ubicati nel Comune di Poggibonsi e 5 appartamenti siti nel Comune di San Gimignano. L’ipotesi di reato contestata all’imprenditore è la bancarotta fraudolenta patrimoniale che prevede una pena detentiva fino a 10 anni di reclusione. Dopo la contestazione dei fatti reato e dell’applicazione della misura cautelare reale la Procura della Repubblica ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio dei responsabili.

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