La “Officina del Crimine” del clan Belforte: dopo le condanne scattano gli arresti

di Redazione

La terza sezione della Corte di Cassazione, nell’udienza del 23 maggio scorso, ha concluso l’iter giudiziario di una tranche di imputati dell’indagine della squadra mobile di Caserta denominata “Officina del Crimine”. Le indagini traevano spunto da un tentativo di estorsione perpetrato dagli emissari del clan Belforte a danno di un imprenditore edile, che aveva avviato nel capoluogo un cantiere per la realizzazione di abitazioni ad uso civile. L’immediata identificazione di uno dei responsabili, Massimo Belgiorno, casertano, di 39 anni, e le successive attività investigative permettevano di documentare lo svolgimento, all’interno dell’officina meccanica da questi gestita a San Nicola la Strada, di veri summit operativi di camorra, nel corso dei quali venivano accuratamente pianificate le attività estorsive condotte sul territorio, poi riscontrate dal sequestro del “libro mastro” in cui erano annotati i nominativi degli imprenditori vessati e le quote che essi dovevano pagare al clan.

Contestualmente veniva ricostruito l’organigramma di una parallela e articolata organizzazione dedita al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti del tipo cocaina, crack e hashish, acquistati tramite esponenti del clan Mazzarella di San Giorgio a Cremano (Napoli). La vendita al minuto dello stupefacente era affidata a piccoli gruppi autonomi, a cui erano assegnate determinate e strategiche “aree di competenza”, con relativo pagamento mensile  di una tangente sui ricavi ai referenti dei Belforte, tra i quali Gaetano Piccolo, detto “Tavernello”, Antonio Della Ventura, alias “O’ Cuniglio”, referente dei “Mazzacane” (soprannome dei Belforte) a Caserta, Antonio Bruno, alias “Carusone”, e, dopo il loro arresto, Fulvio Della Ventura e Concetta Buonocore, rispettivamente figlio e moglie di Antonio Della Ventura, e lo stesso Massimo Belgiorno, poi divenuto collaboratore di giustizia, tutti destinatari della misura cautelare eseguita nel maggio 2012. Nel corso delle indagini furono operati 15 arresti in flagranza per reati inerenti gli stupefacenti e sequestrati, complessivamente, oltre 1,5 chilogrammi di cocaina e accertate penali responsabilità nei confronti di ben 64 pregiudicati, gran parte dei quali sottoposti a custodia cautelare.

La sentenza della Suprema Corte del 23 maggio nel troncone a carico di Giovanni Alois e di altri 18 imputati, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai seguenti indagati, sancendone la definitiva condanna. Si tratta di: Antonio Della Valle, 41 anni, casertano, detto “O Vecchio”, già detenuto; Vittoria Iadicicco, 43 anni, di Marcianise, già detenuta: Massimiliano D’Agostino, 40, casertano, libero, condannato a sette anni; Pasqualina D’Agostino, 40, casertana, libera, condannata a nove anni; Vincenza Orione, 69 anni, di Marcianise, libera, condannata a otto anni; Michele Cioffi, 58, di Maddaloni, detto “Papusc”, già detenuto e condannato a dieci anni; Rocco Zarrillo, 41, libero, condannato a cinque anni; Augusto Trepiccione, 41, casertano, libero, condannato a 11 anni; Giovanni Alois, 34, casertano, già detenuto, condannato a 11 anni; Antonio Pellegrino, 66, di Maddaloni, detto “Manomozza”, libero, condannato a otto anni; Giovanni Di Stefano, 37, casertano, detto “Ciaccia Ciaccia”, libero, condannato a otto anni; Arcangelo Maietta, 31, di Maddaloni, già detenuto, condannato a 10 anni; Caterina Di Vico, 47, di Maddaloni, detta “Katina”, condannata a 15 anni e già detenuta ai domiciliari.

Ai relativi ordini di carcerazione, emessi dalla Procura Generale della Repubblica di Napoli nei confronti degli imputati non detenuti, è stata data esecuzione dalla squadra mobile di Caserta che ha svolto le indagini. Sono stati, pertanto, arrestati: Pasqualina Dell’Anno; Vincenza Orione, Rocco Zarrillo, Augusto Trepiccione, Antonio Pellegrino, Caterina Di Vico e Massimiliano D’Agostino.

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