Estorsioni a Pignataro Maggiore: sei arresti contro il clan Ligato

di Redazione

Blitz dei carabinieri a Pignataro Maggiore contro i vertici del clan Ligato. Sei gli arrestati, finiti in carcere: Antonio Raffaele Ligato, 34 anni; Felicia Ligato, di 37; Davide Ianuario, 33; Angelo Savino, 43; Michele De Biase, 53; Daniele Schettini, 23. Per loro le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, danneggiamento e lesioni personali, tutte aggravate dalla finalità mafiosa.

I provvedimenti di cattura, emessi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sono stati eseguiti dai carabinieri del reparto operativo di Caserta e della compagnia di Capua al clumine di una lunga attività investigativa, avviata nel mese di novembre del 2015, che ha permesso di disarticolare l’attuale vertice dei Ligato, la cui reggenza, dopo la detenzione al 41bis di Raffaele Ligato, secondo gli inquirenti è passata, nel segno della continuità familiare, al figlio Antonio Raffaele (scarcerato nel dicembre 2015) e alla figlia Felicia, entrambi colpiti dall’odierno provvedimento.

L’indagine, svolta con l’ausilio di attività tecniche, escussioni testimoniali nonché tradizionali servizi di osservazione-controllo-pedinamento, ha consentito di raccogliere un corposo quadro indiziario nei confronti degli indagati, grazie al quale, sono stati decifrati e accertate le responsabilità di numerose azioni delittuose verificatesi nei confronti di operatori commerciali di Pignataro Maggiore e comuni limitrofi. Accertato, infatti, il tentativo da parte del clan Ligato di riorganizzarsi e di rafforzarsi economicamente, mediante il controllo delle attività economiche del territorio (lecite e illecite), le estorsioni ai danni degli esercizi commerciali e il reinvestimento speculativo dei capitali in attività illecite e nel traffico di stupefacenti.

Fatta luce, inoltre, su una serie di estorsioni ai danni di imprenditori e esercenti commerciali poste in essere attraverso l’imposizione di beni (quali, ad esempio, gadget natalizi, materiale di cancelleria e altro) o la classica richiesta di periodiche somme di denaro (dai 500 euro a settimana a elargizioni di diverse migliaia di euro in occasione delle festività). Accertato uanche n chiaro tentativo del clan di assumere la gestione di uno dei settori che costituiscono notoriamente fonte di reddito per i sodalizi camorristici: il controllo delle apparecchiature videopoker e slot machine all’interno dei pubblici esercizi. Il prezioso risultato investigativo, raggiunto senza dubbio grazie alla dedizione dell’intero apparato investigativo e alla fondamentale direzione della Dda partenopea, ha potuto beneficiare di un non comune contributo fornito dalle diverse categorie di commercianti che, nonostante il timore concreto di ritorsioni, hanno saputo credere nelle istituzioni collaborando alle indagini in maniera determinante.

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