Biagio Antonacci nel mirino del Fisco: avrebbe evaso 3,5 milioni di euro

di Redazione

Un’evasione fiscale di circa 3 milioni e mezzo di euro. Di questo è accusato il cantante Biagio Antonacci, imputato a Milano per “infedele dichiarazione dei redditi”. Ciò nonostante abbia saldato i debiti con l’Erario.

L’inchiesta è nata da una verifica fiscale del giugno 2008 a seguito della quale l’artista, nel 2012, ha regolarizzato la sua posizione con l’Agenzia delle Entrate. Un sottufficiale della Guardia di Finanza ha ricostruito il meccanismo utilizzato per la presunta evasione: il cantautore si sarebbe servito dell’interposizione di tre società per pagare meno tasse al fisco italiano.

Secondo il capo di imputazione, dal 2004 al 2008 Antonacci avrebbe indicato “nelle proprie dichiarazioni fiscali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo” interponendo nella gestione dei suoi diritti “le società ‘Iris’, ‘Basta edizioni musicali’ e ‘Forum Vision’, strumentali alla trasformazione dei redditi da lavoro autonomo, soggetti ad aliquota progressiva più elevata, in redditi d’impresa, soggetti ad aliquota proporzionale più conveniente”.

Iris era amministrata dal fratello dell’artista, Graziano, e tra i soci vi era anche il padre Paolo, mentre a capo della società ‘Forum Vision’ c’era un fiduciario di Lugano. In base ad accordi siglati nel 2000, le due società si sarebbero impegnate a cedere i diritti alle case discografiche Universal e Sony.

Sempre secondo la ricostruzione del finanziere “questa interposizione tra l’artista e le case discografiche era in frode alle leggi fiscali” ed era stata qualificata come un “caso di abuso del diritto” perché non c’erano ragioni economiche concrete per far “passare” le royalty attraverso le società prima di rivenderle alle case discografiche.

Il fiscalista dell’artista ha ricordato che nel 2010 l’Agenzia delle Entrate aveva inviato al cantante l’avviso di accertamento e che nel 2012 ‘Iris’, ‘Basta edizioni musicali’ e ‘Forum Vision’ avevano distribuito ai soci i dividendi, sui quali l’artista aveva pagato regolarmente le tasse chiudendo così la partita con l’Erario per le quattro annualità contestate: quelle comprese tra il 2004 e il 2008.

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