“Menti brillanti” tra le vittime dell’aereo malesiano: erano esperti Aids

di Stefania Arpaia

 Kiev. Scoperte le identità di alcuni passeggeri del volo della Malaysia Airlines, abbattuto lo scorso giovedì. 298 non sono solo numeri, ma persone, ognuna con una propria storia.

Sophie, di Utrecht, 13 anni, aveva la passione per l’hockey e per l’America. Allard, 17, amava i monti e postava sui social nework le foto delle sue scalate e della volta in cui raggiunse i 3.200 metri d’altezza. Il 41enne Sanjjd invece era malese e probabilmente quell’aereo avrebbe dovuto ricondurlo a casa; Jolette al contrario era di Amsterdam. I tre fratellini australiani, Mo, Evie e Ostis, troppo piccoli per viaggiare da soli, erano con il loro nonno Nick Norris e dovevano tornare in Australia, a Perth dove abitavano.

Tra loro anche Cor Pan, l’utente che ha lasciato l’inquietante post su Facebook, in cui si vede la foto dell’aereo accompagnata dalla scritta: “Se scompare è fatto così”. Una sorta di messaggio premonitore o una semplice coincidenza, la cui lettura però fa effetto.

Sul velivolo della morte anche il professor Joep Lange e sua moglie Jacqueline van Tongeren, luminari della ricerca sull’Aids, che dovevano partecipare alla 20esima conferenza internazionale contro la malattia di Melbourne.

Almeno 10 dei passeggeri di quel volo avrebbero dovuto prender parte a quell’evento: ricercatori, volontari, esperti, menti brillanti, il cui contributo era ancora molto prezioso per migliaia di ammalati. I rappresentanti dell’organizzazione dell’International Aids Society lo hanno definito “un lutto devastante per la ricerca contro l’Hiv”.

Il professor Lange aveva fondato nel 2001 la Ong internazionale Pharmaccess per l’accesso alle cure, e il direttore scientifico del Cro di Aviano, Umberto Tirelli, lo ricorda così: “Lange è stato uno degli artefici dello studio dell’Aids e dell’impatto sociale che questa malattia ha comportato a livello mondiale ed è stato il paladino dei pazienti con Hiv, spesso penalizzati e senza voce in capitolo almeno nelle prime fasi della epidemia”. Un’altra vita spezzata è quella dell’inglese Gleen Thomas, portavoce dell’Organizzazione mondiale della Sanità.

“Spariscono anni di conoscenza. – dice Clive Aspin, un ricercatore australiano della conferenza – C’è un enorme sentimento di tristezza qui, le persone sono in un mare di lacrime nei corridoi. Queste persone erano le migliori e le più brillanti, gente che ha dedicato gran parte della propria carriera a combattere questo virus terribile. Tutto questo è devastante”. Molti sono convinti che tra le vittime vi fosse qualcuno che all’evento avrebbe presentato il risultato del proprio studio.

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