Pirateria e frode fiscale, sequestro da 96 milioni alla Verbatim

di Redazione

 Napoli. Un decreto di sequestro preventivo per 96 milioni è stato notificato dalla Guardia di Finanza alla Verbatim Italia, gigante nel settore audiovisivi, cd e dvd e memorie di massa e al centro di un’inchiesta della Procura di Napoli coordinata dal pm Catello Maresca.

Il sequestro segue l’arresto, avvenuto lo scorso maggio, degli ex vertici della società, accusati di associazione a delinquere aggravata dalla transnazionalità, truffa e violazione della normativa fiscale. Secondo gli inquirenti, insieme a imprenditori toscani impegnati nella grande distribuzione e nel commercio all’ingrosso, avrebbero gestito la maxi frode attraverso società fittiziamente residenti in Inghilterra.

Il provvedimento della Dda di Napoli riguarda le quote sociali, i beni strumentali, le giacenze di magazzino, i conti correnti, i fondi d’investimento, titoli ed obbligazioni finanziarie fino a 96 milioni di euro, pari all’illecito guadagno ottenuto dalla branch italiana della società leader a livello mondiale “grazie ad una colossale frode fiscale scoperta durante le indagini sui rapporti tra contraffazione, pirateria e camorra napoletana”, riferisce una nota.

A maggio i finazieri sequestrarono oltre 23 milioni di cd e dvd “vergini”e accertaronoun’evasione da oltre 250 milioni di euro. 47 persone indagate e 16 arrestate. Questi i numeri dell’operazione ‘Virgin’ contro la pirateria di materiale audio e video. Il maxiblitzera partito da un’indagine su clan camorristici specializzati nel settore e ha coinvolto i vertici italiani della Verbatim, una società leader nel settore dei supporti informatici e delle memorie di massa.

L’operazione ha portato alla luce un’organizzazione con diramazioni in Svizzera, Isole del Canale, San Marino, Slovenia e Austria: accertata l’evasione di diritti Siae (e quindi allo Stato) di 26 centesimi di euro per ogni cd e 50 centesimi di euro per ogni dvd, per un totale di oltre 156 milioni di euro ed imposte per altri 96 milioni.

Una frode che consentiva non solo alle aziende campane in odore di camorra ma anche a soggetti operanti nella grande distribuzione di ottenere la merce a prezzi inferiori a quelli di mercato, sbaragliando in tal modo la concorrenza.

Attraverso l’utilizzo di fatture false, predisposte ad hoc da esperti commercialisti e consulenti tributari, le società, prive di sede reale e di contabilità, venivano fatte apparire come solide e regolari. La merce, formalmente esportata al di fuori del territorio nazionale, veniva di fatto distribuita in Italia, scortata da documenti di trasporto ‘taroccati’, il tutto in totale evasione d’imposta.

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