Meriam, condannata a morte, partorisce bimba in carcere

di Stefania Arpaia

 Khartum. Era stata condannata a morte per apostasia, abbandono della propria religione, la giovane sudanese che oggi ha partorito una bambina.

La sua storia aveva fatto il giro del mondo: Meriam Yahia Ibrahim Ishag è stata arrestata lo scorso 17 febbraio per aver rinunciato alla religione musulmana ed essere diventata cristiana.

Il matrimonio della donna non è stato riconosciuto perchè sposata con un cristiano, Daniel Wani. L’unione non è valida secondo le leggi islamiche e Meriam è considerata un’adultera. La giovane è stata condannata all’impiccagione, ma il tribunale ha deciso di rimandare l’esecuzione per due anni dalla data di nascita della bambina.

La neo-mamma e la neonata sono in buone condizioni di salute e sono entrambe in cella, nell’ala ospedaliera del carcere, insieme all’altro bimbo di Meriam di 22 mesi.

È stata Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, associazione per i diritti umani, a diffondere con un tweet la notizia del parto. È la medesima associazione che si sta occupando della vicenda, anche se in tutto il mondo è iniziata una campagna di solidarietà a favore della sudanese. La condanna non è definitiva, la donna infatti verrà sottoposta a un nuovo processo e sarà la Corte suprema del Sudan a dare una sentenza definitiva.

La Napoli ha dichiarato: “E’ escluso, al momento, che possano lasciare la prigione. È per questo che la nostra battaglia continua. E non si fermerà fino a quando Meriam e i suoi bambini potranno tornare a casa”.

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