Marò, Monti: “Il vero obiettivo di Terzi e’ altro e si vedra’”

di Redazione

 ROMA. Le dimissioni del ministro Giulio Terzi “rassegnate in aula” sono state un “atto inconsueto” dice il presidente del Consiglio Mario Monti alla Camera.

E ancora: la decisione di non rimandare in India i due marò “non avrebbe dovuto essere oggetto di precipitose dichiarazioni alla stampa, che il ministro Terzi ritenne invece di rilasciare, anticipando un risultato finale che non poteva ancora darsi per scontato”.

All’indomani delle dimissioni di Giulio Terzi da ministro degli Esteri, in polemica con le scelte compiute sul caso marò, il governo prova a riorganizzarsi e ad aggiornare la linea per risolvere la spinosa questione che contrappone Italia e India. Il premier Mario Monti, che ha assunto l’interim alla guida della diplomazia, si è insediato alla Farnesina e ha riferito a Montecitorio la sua versione sulla decisione di rimandare i due fucilieri a New Delhi.

“Mi assumo la responsabilità” della scelta di far ritornare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in India, dichiara il premier. “Sussistevano rischi seri e oggettivi che l’Italia si ritrovasse isolata sul piano internazionale” riguardo la crisi con l’India, dice il Professore. Poi lancia l’accusa: l’obiettivo di Giulio Terzi “era di conseguire altri risultati che nei prossimi tempi diventeranno più evidenti…”.

Alla fine del suo intervento, Monti ha detto di avere “ragione di ritenere” che l’obiettivo di Terzi nel dare le dimissioni “non fosse quello di modificare una decisione alla quale aveva consapevolmente partecipato, ma di conseguire altri risultati che magari nei prossimi tempi diventeranno più evidenti”.

Un chiaro riferimento alle indiscrezioni secondo cui l’ex ministro si sarebbe avvicinato al centrodestra, nelle cui fila potrebbe avere un futuro politico. Ieri, 26 marzo, Terzi ha detto in aula di non poter più far parte del governo perché le sue riserve sul rientro di Latorre e Girone a New Delhi sono rimaste inascoltate.

Monti si è detto “stupefatto” per il fatto che Terzi abbia “reso note qui le sue dimissioni senza alcuna informazione preventiva né al capo dello Stato né al presidente del Consiglio”. Il titolare della Farnesina, ha sottolineato il premier, non aveva mai espresso il proprio dissenso alla decisione di rimandare Latorre e Girone in India, “né alle riunioni del Cisr (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica) né alla riunione svoltasi nel mio ufficio a Palazzo Chigi ieri mattina (martedì 26 marzo, ndr).

Abbiamo messo a punto il testo che i due ministri a nome del governo avrebbero presentato e niente mi è stato detto dal ministro degli Esteri circa un suo dissenso, e men che meno circa una sua intenzione di dimettersi”.

Latorre e Girone, i due fucilieri accusati di omicidio per aver ucciso due pescatori scambiandoli per pirati, sono tornati in India la scorsa settimana. Le autorità indiane avevano reagito con forza all’annuncio del mancato rientro dei fucilieri, disponendo anche che l’ambasciatore italiano Daniele Mancini non lasciasse l’India.

La mossa italiana di non rinviare Girone e Latorre in India dopo la licenza accordata per votare in Italia aveva esposto la debole coalizione guidata da Singh a duri attacchi dell’opposizione, che aveva accusato il premier di essere troppo morbido o addirittura colluso con le autorità italiane.

La stessa Sonia Gandhi, leader del Partito del Congresso, di origini italiane, aveva accusato l’Italia ei “tradimento”. La decisione assunta dal governo di rimandare i due militari in India ha fatto seguito a un’intensa trattativa tra Roma e New Delhi, e all’assicurazione, tra l’altro, che in caso di condanna i due militari non affronterebbero la pena di morte e sconterebbero la pena in Italia.

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