Prof di religione: “Chi è gay dovrebbe curarsi”

di Mena Grimaldi

 VENEZIA. “Non si nasce gay, ma lo si diventa facendo una scelta precisa, pertanto chi si trova in queste condizioni, dovrebbe farsi curare”.

Con questa frase un professore laico di religione del liceo classico Foscarini di Venezia ha lasciato basiti non solo i suoi alunni, ma tante altre persone che sul web in queste ore si stanno scatenando contro il prof.

Tutto è nato qualche giorno fa quando i ragazzi del liceo hanno chiesto al prof, Enrico Pavanello, 49 anni, una discussione sui diritti del mondo gay completa di una storiografia legata all’omosessualità. Insomma, una lezione approfondita, come si deve.

Il prof ci ha pensato qualche giorno e poi si è presentato in aula con un foglietto di carta scritto a mano in cui c’era tutta la sua ricerca, consegnata a ogni ragazzo in modo da iniziare la discussione. Si parte dalla pietra miliare del progressismo di sinistra, Friedrich Engels: “In un vecchio manoscritto mai pubblicato da Marx e me nel 1846 ho trovato queste parole: La prima distinzione del lavoro è quello tra uomo e donna per la riproduzione dei bambini”. E questa è la prima giustificazione. Insomma, lo dicono anche i marxisti: sono le femmine che fanno i figli. E poi, dopo aver citato il sessuologo e biologo Alfred Kinsey e smentito, definendola “una bufala”, la sua teoria del 10% (per il sessuologo statunitense una persona su 10 manifesta tendenze omosessuali), Pavanello analizza la particolarità delle relazioni gay e lesbiche: “Si può verificare qualcosa della cultura gender? brevità dei legami omosex, si sdogana la pedofilia (…), ci si apre alla poligamia, far-west per la fecondazione artificiale”.

In tutto ciò, arriva il consiglio delle “cure” mediche se si è gay. Lo stesso giorno uno degli allievi posta su facebook il pensiero del professore che viene ripreso in prima pagina da vari quotidiani.

“Ci sentiamo delusi e indignati dalle parole del professore e chiediamo che abbia la decenza di scusarsi con i suoi studenti – affermano dalla Rete degli studenti medi di Venezia – si tratta di parole offensive, che possono essere molto pericolose poiché dette a ragazzi nel pieno sviluppo della propria sessualità, che potrebbero quindi sentirsi discriminati”.

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