Trento, guadagna 500 euro al mese: le tolgono il figlio neonato

di Redazione

 TRENTO. Un caso che farà discutere quello che arriva da Trento dove una giovane madre in difficoltà economiche, subito dopo il parto, siè vista sottrarre il figlio dal tribunale per i minori.

A rendere nota la vicendaè stato lopsicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del tribunale, che ha criticato il meccanismo con cui i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà genitoriale. La giovane, nonostante la situazione di disagio economico, aveva scelto di tenere il figlio. Ha un reddito mensile di 500 euro, senza problemi di tossicodipendenza, e aveva chiesto un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non era in grado di mantenere. Solo dopo un mese, la giovane si è potuta incontrare con il giudice, il quale ha deciso di avviare una perizia sulle “capacita” genitorialì della madre.

“Una beffa, perché in questo modo la ragazza, cui è stato sottratto il diritto di essere madre dal primo momento, rivedrà il proprio figlio solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria dell’attaccamento e della giustizia per il minore”, ha commentato Raspadori. Secondo lo psicoterapeuta, “i procedimenti con cui il Tribunale dei minorenni separa i bambini dalle madri in nome dell’incapacità genitoriale sono un abuso scientifico”. “L’affidamento a terzi di un minore è un’ipotesi che dovrebbe essere perseguita per gravissimi ed eccezionali motivi”, sottolinea Raspadori, il quale ricorda come fino a qualche anno fa le cause di allontanamento di un minore dalla sua famiglia era abusi sessuali e violenze, che in Trentino nell’ultimo anno hanno rappresentato il 5% dei casi. “Negli altri casi – dice il dottore – pretendere di misurare e giudicare la qualità dell’amore materno senza tenere conto della naturale visceralità del rapporto, non solo rischia di far prendere solenni cantonate, ma purtroppo anche commettere ingiustizie e vere e proprie crudeltà”. “Dichiarare una madre ‘incapace’ e sottrarle il figlio è lacerante ben più della galera, molto più vicino a una pena di morte”. Secondo lo psicologo, il Tribunale dei minori, “in nome della sacra difesa dei diritti dei minori toglie qualsiasi diritto e garanzia ai genitori, e il giudice non è super partes, è al contempo organo giudicante e assume di fatto le vesti di difensore del minore. Con la conseguenza che la voce del genitore viene disattesa e neppure ascoltata”.

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