Beni confiscati: intervista a Taglione e Baldascino di “Libera”

di Raffaele De Biase

LiberaAVERSA. Riuso a fini sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata: una pratica virtuosa prevista dalla legge, ma in provincia di Caserta ancora troppo ostacolata.

Della scottante questione abbiamo parlato col responsabile provinciale di Libera Valerio Taglione e col responsabile dell’Osservatorio provinciale sull’uso dei beni confiscati Mauro Baldascino.

Sempre più spessoma, beninteso, mai abbastanza, le cronache riportate dai media indicano il riuso a fini sociali dei beni confiscati come momento strategicamente cruciale nella lotta ai clan. Ribadiamo ai lettori di Pupia perché è necessario porre l’accento sul tema del riutilizzo.

Casal di Principe – Villa di Walter Schiavone

Baldascino:

E’ importante sottolineare l’importanza delriuso a fini sociali dei beni confiscatialla criminalità perché lo stesso riuso dimostra che le mafie sono vincibili. Perchè si dimostra che lo Stato riesce a sottrarre loro lo strumento di consenso più efficace che hanno sul territorio cioè il denaro, le proprietà. E poi perché il riutilizzo dei beni confiscati comporta la creazione di infrastrutture vantaggiose per la comunità, cooperative che possono dare lavoro e produrre beni che hanno un alto valore simbolico. Questa logica è tanto più valida se si considera la depressione di alcune zone in cui questi beni, invece ,intervengono a rivitalizzarne l’economia.

Taglione: Il tutto poi, ribadiamolo, non è pura astrazione o fantasia . Consideriamo che quello che sottolineava Mauro , e che in provincia di Caserta stenta decollare , in altre regioni d’Italia, investite dalla piaga delle mafie, è già consolidata realtà. Sicilia, Calabria e Puglia già vedono la coltivazione, ad esempio, di prodotti ricavati dai terreni confiscati, come ci dice l’esperienza di Libera Terra. Sono, dunque,reali possibilità e l’obiettivo è quello di dare vita anche in provincia di Caserta ad un’esperienza di questo tipo, che possa essere indicativa di una comunità che cresce e che individua quali possono essere i percorsi educativi per costruire realtà alternative alla camorra.

Quanto lei dice, Taglione, mi offre l’occasione per sottolineare quei rallentamenti che in provincia di Caserta distanziano sempre di più il momento della confisca dei beni, sottratti ai clan, da quello del loro effettivo riuso a fini sociali. Un esempio clamoroso di quanto dico è dato dalla “Casa Don Diana”, ricavata dalla ristrutturazione di una villa appartenente ad un noto boss , confiscata svariati anni or sono, inaugurata dalle istituzioni nel 2005 e non ancora utilizzata nella sua nuova veste di casa accoglienza per bambini e famiglie disagiate. A riguardo cosa ci potete dire?

Baldascino: Sicuramente ci sono state delle leggerezze. Lo stabile non si sarebbe dovuto inaugurare nel novembre del 2005 se non c’erano le condizioni di agibilità dello stesso. Quello che oggettivamente sconcerta è che siano passati tutti questi anni ed il bene si trovi ancora ad essere inutilizzato anche se, a detta del sindaco di Casale e degli amministratori, probabilmente l’Asl, a cui è stato affidato il bene, dovrebbe nel giro di pochi mesi, finalmente, riinaugurare quel bene come ricovero per i minori. Noi ce lo auguriamo perché il bene in questione ha un doppio valore simbolico, non solo perché è un bene confiscato importante, ma perché ora porta il nome di don Peppe Diana.

Taglione: Lei parla in modo eufemistico di rallentamenti; termine che, però, non fotografa le condizioni della nostra provincia riguardo al riuso dei beni . Potremmo parlare di rallentamenti ove mai ci fosse stato, in precedenza, un deciso avanzamento nella politica del riuso dei beni confiscati. Invece, sono costretto a dire che rispetto al numero di beni confiscati censiti in provincia di Caserta , numero che classifica la nostra provincia al quarto posto in Italia per beni confiscati, solo pochissimi tra questi hanno visto un loro riuso a fini sociali.

Il discorso fatto per la Casa Don Diana potrebbe essere ripetuto anche per un altro celebre bene confiscato, la villa di Walter Schiavone, la quale dovrebbe essere tuttora oggetto di lavori di riadattamento finalizzati a farne un centro di riabilitazione, ma il cui ritmo di esecuzione lascia perplessi.

Baldascino: Anche qui dovremmo chiedere ad Agrorinasce che si pone sul territorio, in quanto a gestione dei beni confiscati, come esperienza pilota ,il perchè di questi rallentamenti. Probabilmente le opere di ristrutturazione hanno sottratto molto tempo…

Di recente Libera ha siglato un protocollo d’intesa con la facoltà di architettura di Aversa per consentire agli studenti di compiere stage, tirocini, e proporre progetti in ordine al riuso beni confiscati. Ritiene che quest’evento possa concorrere a vedere quanto prima l’effettivo riuso dei ben confiscati?

Taglione: Guardi per quanto attiene al riuso effettivo dei beni sono le Istituzioni, è la politica che è chiamata a fare il suo dovere. Questo è un passaggio obbligato. Noi come Libera, come Comitato Don Peppe Diana, nel corso di un anno e mezzo di lavoro sul tema del riuso dei beni confiscati abbiamo fatto nascere l’Osservatorio provinciale sull’uso sociale dei beni confiscati, abbiamo favorito la creazione del tavolo tecnico istituzionale in Prefettura,abbiamo siglato vari protocolli. Il nostro obiettivo è quello di promuovere. Noi non ci possiamo sostituire a quelle che sono le Istituzioni, la politica, le quali hanno poteri decisionali in merito a questi beni. Noi dobbiamo, ripeto, promuovere, la cultura della legalità, favorirla, aggregando le belle realtà presenti in provincia. Certo, il protocollo siglato con la facoltà di architettura pone un altro tassello sulla strada della costruzione di modelli di legalità. Quello che per noi è importante ora è, soprattutto, far sapere a tutti che in provincia ci sono beni confiscati che attendono il loro recupero a fini sociali. Poi è la politica che deve decidere da che parte stare.

Per concludere, quali sono i prossimi eventi in programma, organizzati da Libera e le prossime iniziative dell’Osservatorio?

Taglione: Per quanto riguarda Libera ed il Comitato Don Peppe Diana, venerdì prossimo ci sarà la premiazione della quinta edizione del Premio letterario Don Peppe Diana presso l’Itc Leonardo da Vinci di S. Maria Capua Vetere. Sono stati coinvolti più di mille giovani della regione Campania che si sono confrontati rispetto alla realizzazione di un video reportage indicativo delle realtà belle e brutte di questo nostro territorio. Altre iniziative di formazione sono in cantiere ed avranno tutte l’impronta imprescindibile di quanto ci ha lasciato Don Peppino Diana.

Baldascino: L’Osservatorio ha pensato alla possibilità di proporre dei progetti di massima per il riuso dei beni confiscati. In tal senso abbiamo inviato delle lettere a 28 sindaci del nostro territorio, chiedendo loro di monitorare i terreni confiscati che insistono nei loro comuni per verificare la possibilità di riproporre l’esperienza di Libera Terra anche in provincia di Caserta . Purtroppo, abbiamo avuto un riscontro non elevato in quanto solo tre amministrazioni ci hanno ufficialmente risposto. Stiamo provando a risollecitare tutti gli altri amministratori . Crediamo, infatti, che sia essenziale supportare le amministrazioni comunali nel possibile utilizzo produttivo dei beni confiscati.

Taglione: Noi abbiamo un sogno; un sogno che speriamo si realizzi l’anno prossimo, in corrispondenza del quindicesimo anniversario della morte di Don Peppino Diana. Molto probabilmente la “Giornata della memoria e dell’impegno”, organizzata a livello nazionale da Libera, si celebrerà qui in Campania e, molto probabilmente, una tappa importante sarà anche qui nei nostri territori. Il sogno, l’obiettivo, la speranza, è che possa nascere per quel giorno, la prima cooperativa a fini produttivi di giovani su un bene confiscato in provincia di Caserta.

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