È caccia ai giustizieri del rumeno

di Redazione

Marian Nazian BuzatuCASTELVOLTURNO. Si è chiusa a riccio la piccola comunità romena di Castelvolturno colpita dalla morte del trentunenne Marian Nazian Buzatu, ucciso sabato notte da due colpi di pistola esplosi da persone che restano al momento sconosciute.

«Non abbiamo avuto alcuna collaborazione dai circa cento immigrati rumeni che risiedono nel nostro territorio» taglia corto il dirigente del commissariato di Castelvolturno Luigi Del Gaudio che sperava di ricavare dagli amici di Marian qualche indicazione decisiva per dar forza all’ipotesi ritenuta al momento più probabile: quella del furto in villa, o all’antenna radio, finiti male, con Marian e il connazionale Cristian sorpresi da qualche proprietario o da ronde armate pagate da qualche camorrista che voleva tener al riparo la propria abitazione da visite sgradite; la zona è anche sorvegliata da guardie giurate degli istituti di vigilanza. È questo il contesto in cui si indaga. Scartata sin dall’inizio l’ipotesi del regolamento di conti tra rumeni, gli investigatori ritengono infatti che i due immigrati stessero in via Palazzi, alle 3.30 di notte, per commettere dei reati e che qualcuno, non sicuramente un onesto cittadino, si sia fatto giustizia da solo: una certezza che si basa sulle tante contraddizioni in cui sarebbe caduto l’amico del trentunenne, trattenuto sabato mattina per qualche ora in commissariato e poi rilasciato per volere del magistrato. A cui non sarà sfuggita l’enorme risonanza mediatica che in questi giorni ruota attorno alla comunità romena residente sul territorio nazionale. Non a caso, ieri, l’Ambasciata romena in Italia, nell’ambito del censimento in atto sulle varie comunità presenti sul territorio nazionale, tramite il Dipartimento della Polizia di Stato, ha voluto conoscere la consistenza del gruppo che risiede sul litorale domizio, e anche le attività in cui sono impegnati. Ne dà notizia lo stesso dirigente del commissariato, cui è stato anche chiesto il livello di integrazione raggiunto dai romeni a Castelvolturno e Mondragone. «Sono pochi – dice il funzionario della Polizia di Stato – ma dobbiamo constatare che fino ad ora non hanno fatto nulla per integrarsi. Qualcuno lavora in bar, nei cantieri, ma molti sono dediti a furti in ville e alla ricettazione; qui da noi trovano un’ampia disponibilità di alloggi e non sono costretti a vivere nei campi nomadi come accade in altre città. Da qualche tempo poi, stiamo registrando una loro sempre più attiva partecipazione allo smistamento della droga che i nigeriani portano sul litorale. Più di un rumeno si incarica di trasportarla a Secondigliano per la vendita al dettaglio». Collaborazioni inquietanti che sono possibili perché, sostiene il dirigente del commissariato di Castelvolturno, «qui è terra di nessuno. E non è vero che i nigeriani o gli albanesi gestiscono determinate attività illegali dopo aver stipulato accordi con i clan casertani. I camorristi sono impegnati a gestire i grandi appalti pubblici, e lasciano fare senza alcuna interferenza». Oggi intanto, dovrebbe essere effettuata all’istituto di medicina legale di Caserta l’autopsia sul corpo del rumeno. Già sabato mattina comunque, gli agenti della Mobile casertana e del commissariato locale avevano rinvenuto sul luogo dell’agguato due bossoli calibro 9 sparati da una pistola di marca Luger. Dirà poco insomma l’esame autoptico: in assenza di altri testimoni o di denunce di furti o rapine in ville, per gli investigatori non sarà facile venire a capo dell’episodio anche se la pista seguita, che coinvolge i soggetti privati che effettuano la sorveglianza dei luoghi, sembra essere quella giusta.

Il Mattino (ANTONIO PISANI)

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