100mila giovani hanno lasciato il Sud per lavoro

di Redazione

 Sono 100mila i giovani che hanno lasciato il sud per trasferirsi verso il nord del paese. Tra essi figurano tanti “cervelloni” che non hanno trovato una giusta collocazione nelle proprie terre e vanno ad arricchire il già cospicuo paniere del benessere settentrionale.

Ma non solo i giovani. Una nutrita schiera di interi nuclei familiari, ancora non quantificata, sta lasciando il Mezzogiorno per trovare sistemazione nel settentrione. Si è tornati indietro con il tempo, quando intere generazioni andavano via in cerca di lavoro. Anno 2007, dopo più di mezzo secolo, ancora esiste l’emigrazione dal sud al nord. Una parte del Paese, grazie al menefreghismo della classe dirigente, che nel corso degli anni ha costruito soltanto illusioni, rimane a secco di lavoro. Ovvero, quel lavoro non è mai arrivato, la precarietà è stata sempre l’unica alternativa ad un lavoro vero. La “stabilità” è rimasta un sogno, conquistato solo da chi ha lasciato la terra d’appartenenza e concretizzato altrove le prospettive di un futuro migliore.

Gli analisti non sanno a chi attribuire la colpa, certamente i cittadini sono privi di responsabilità nei confronti di un danno sociale di cui non sono responsabili. La colpa, infatti, è della classe politica, impassibile dinanzi ad una precarietà lavorativa degenerata sempre di più senza trovare mai soluzione. Le prospettive dei giovani meridionali rimangono quelle ereditate dalle passate generazioni. La mancanza di lavoro risulta essere la prima causa di sottosviluppo, la criminalità raddoppia il declassamento del Mezzogiorno, facendo aumentare notevolmente il divario economico tra le due parti d’Italia. La criminalità condiziona l’economia, rallentando di parecchio lo sviluppo in quasi tutte le aree meridionali. Nessuno vuole investire al sud, se non in casi sporadici, ma si tratta di grandi gruppi industriali che restano poco sul territorio. In realtà, c’è una nutrita schiera di piccoli imprenditori settentrionali che vorrebbero portare al meridione un po’ di quattrini, ma per paura non lo fa. Questi imprenditori sanno che al sud ci sono condizioni sfavorevoli, anche in termini di infrastrutture. Di conseguenza, i cittadini meridionali sono costretti ad andare loro incontro al lavoro.

Ricchezza e sviluppo si ottengono attraverso la stabilità economica dell’individuo, avere una certezza dà adito alla crescita di un territorio. Per questo il sud non si muove dallo scalino più basso dell’inefficienza societaria: non ha mai avuto la certezza del suo futuro. Anni di attesa che hanno prodotto soltanto flussi migratori, oggi si continua ad assistere a questo fenomeno causato dalla scarsa concentrazione politica sul problema. Quei centomila giovani che hanno già lasciato saranno seguiti da altri centomila e così via, presi dalla disperazione di non poter trovare una sistemazione giusta per le loro caratteristiche professionali. Il lavoro resta un incubo che ti prende non appena ti affacci alla maggiore età.

Le scuole, al sud, diventano un “parcheggio” per far passare il tempo. I giovani arrivano a 30/35 anni è sono ancora chiusi nel guscio della famiglia, in attesa di trovare qualcosa per iniziare a scrollare il loro peso che incombe sulla famiglia. Per questo esiste un calo vistoso delle natività, le famiglie non si formano velocemente, anche quando si formano, un solo figlio resta la possibilità per le giovani coppie.

Ecco perchè gli extracomunitari sono diventati una risorsa fondamentale del Paese, e stanno assorbendo tutti i privilegi che dovrebbero essere del cittadino italiano. Non è una colpa, la loro presenza è veramente fondamentale in certi settori dove il cittadino italiano non vuole più lavorare, vedi agricoltura, edilizia, e manodopera nelle industrie.

Il problema che ci riguarda più da vicino resta il flusso migratorio dei giovani e delle famiglie. Abbandonare il proprio territorio porta ad un ulteriore peggioramento delle condizioni economiche. Il problema va risolto con un incremento delle politiche sociali a beneficio delle persone che hanno perso o cercano un lavoro. In secondo luogo, creare le condizioni di lavoro che mirino alla crescita del territorio attraverso una concentrazione industriale nelle arie disagiate. Dando maggiore sicurezza a tutti quei piccoli soggetti produttivi che vogliono venire al sud a collocare le proprie aziende. Per farlo, servono delle leggi serie, mirate e decise.

Inoltre, va spezzata la catena di assistenzialismo che ha portato le aziende a sfruttare fondi per il sud, e poi non hanno costruito realmente le condizioni di lavoro per cui erano stati stanziati quei fondi. Cambiare le regole delle risorse messe a disposizione per le aree meno ambienti, significa spendere seriamente il denaro pubblico, costruendo quella necessaria vitalità economica a quella parte del paese che da mezzo secolo è in difficoltà. Inserendo, attraverso delle leggi mirate, anche delle penali decise per tutte quelle aziende che prendono i fondi e poi scappano all’estero a concentrare le loro aziende, sfruttando quello che era destinato per la crescita del sud.

Questo è un compito che spetta soltanto alla classe dirigente. Quella stessa classe dirigente che oggi è colpita da un ondata di antipolitica, soffiata dal vento della ragione, che spinge ad additare la classe politica e i partiti, come causa di tutti i mali che affliggono il paese. Ridare credibilità alla politica, facendo entrare un alto tasso di moralità e di decisioni serie, porta ad una credibilità all’interno dei palazzi di gestione, lasciando fuori ogni sorta di polemica.

Le contestazioni che girano intorno ai politici sono del tutto legittime, dare un segnale di ragione al popolo e non chiudersi sulla difensiva. Ciò significa di aver recepito il messaggio lanciato dalla nazione, incominciando a lavorare seriamente, mettendoci soprattutto tanta moralità, risolvendo le ragioni della gente che l’hanno pinta a scagliarsi contro i politici.

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