La giustizia italiana in coma irreversibile

di Redazione

 La crisi della giustizia italiana ha, purtroppo, raggiunto il punto di non ritorno. Con l’attuale classe politica sperare che si possa ristabilire il concetto d’uguaglianza di fronte alla legge e di certezza della pena è pura utopia.

Gli oligarchi che occupano saldamente il potere (di destra, di centro o di sinistra che siano) hanno toccato il limite estremo di sopportazione della popolazione. Gli italiani non ce la fanno più ad assistere a quell’osceno balletto di dichiarazioni e contro dichiarazioni (spesso fatte da personaggi con inquietanti facce “lombrosiane”) in occasione di questa o quella scarcerazione facile. Non ce la fanno più a sentire accusare i giudici da masnadieri, farabutti dichiarati e criminali camuffati da persone perbene che ogni giorno sentenziano in televisione o sui giornali con dichiarazioni che, sovente, rovinano per sempre la vita d’intere famiglie. Non ce la fanno più a sentire il grido di dolore che, quotidianamente, si leva da milioni di connazionali vittime d’ingiustizie, soprusi, rapine, stupri, violenze e crimini d’ogni sorta, lasciati impuniti a causa di assurde leggi garantiste, fatte solo per proteggere la “nomenklatura” ed i suoi accoliti.

Gli italiani non sanno più cosa fare. Votare per questo o quel partito non serve a nulla. I casi recenti hanno tappato la bocca anche a chi credeva che con la sinistra al governo potesse cambiare qualcosa. Nulla. Nulla e poi nulla è cambiato! Anzi…E allora cosa fare? Acclarato che la democrazia è il “migliore dei regimi possibili” ed il “minore dei mali”, a chi si può chiedere aiuto? Alla Comunità Europea? Ad Amnesty International? Alla Corte di Giustizia dell’Aia? Ricordo che ero bambino, quando, qualche annetto fa, sentii parlare per la prima volta di “crisi irreversibile della giustizia italiana”.

 Molta acqua è passata sotto i ponti ed i miei occhi e le mie orecchie, in questi anni, hanno visto e sentito tante, troppe volte, in televisione o sui giornali le foto di uomini, donne e bambini le cui vite sono state troncate dalle mani di assassini che dopo pochissimi mesi di galera sono tornati a delinquere, spesso irridendo le stesse famiglie delle vittime. La colpa, però, non bisogna darla ai giudici, come spesso accade. I giudici applicano le leggi e le leggi sono emanate dal Parlamento. Il problema sta tutto qui. Per paura che qualche magistrato inflessibile potesse, in un modo o nell’altro, “infastidire i potenti” sono state emanate leggi che progressivamente hanno alzato la soglia di punibilità a livelli così estremi che, a questo punto, sarebbe più giusto parlare di “soglia d’impunità”.

Gli avvocati italiani, poi, sono bravissimi a sfruttare i milioni di cavilli legali che leggi e leggine fatte ad hoc hanno lasciato nelle loro mani. Paradossalmente, per risolvere il problema, basterebbe garantire, con un’apposita legge, l’assoluta impunità ai circa centomila italiani appartenenti alla cosiddetta “nomenklatura”. In questo modo gli “impuniti per legge” potrebbero finalmente dedicarsi ai compiti per i quali sono stati “distolti dalle loro quotidiane faccende” dai loro elettori. Fare leggi per garantire a chi commette un reato di andare in galera e a chi subisce un torto di sentirsi in qualche modo gratificato dalla giusta sentenza inflitta a chi quel torto ha procurato.

Scherzi a parte, qui tra Commissioni di studio per il nuovo Codice Penale, Ispettori del Ministero sguinzagliati a caccia di fantomatici fascicoli, Tribunali nei quali gli avvocati si devono mettere d’accordo per ricopiare a mano stralci di sentenze, Cancellieri lasciati soli con duecento/trecento persone a fare la fila davanti l’unico sportello aperto, mancanza di soldi per le fotocopie, organici ridotti in Sicilia, Calabria e Campania e sovrabbondanti in Trentino e Valle d’Aosta (note Regioni ad alta densità criminale), l’unica cosa che bisogna sperare ardentemente è di non capitare MAI tra le maglie di questa gigantesca macina in grado di stritolare chiunque le finisca dentro.

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