Scalera (Verdi): “Abolire leggi sul precariato”

di Redazione

la piaga del precariatoCASERTA. Non è che è passato molto tempo che la flessibilità e la libertà di licenziamento erano le uniche armi o soluzioni per far emergere il lavoro nero e combattere la disoccupazione.

Dopo circa un decennio di varie riforme e contro riforme del mondo del lavoro, oggi mercato del lavoro, la menzogna di questi argomenti appaiono ancora più chiari. Il lavoro precario è servito solo ed esclusivamente a sostituire il lavoro stabile e sicuro. Il lavoro sommerso è aumentato e le morti bianche altrettanto, e, come i dati degli ultimi tempi ci indicano, le migliaia di disoccupati in provincia di Caserta, sono usciti dagli elenchi dei centri per l’impiego, non perché hanno trovato un lavoro ma perché hanno smesso di cercarne uno, sopraffatti dalla sfiducia e dalla sprovvedutezza dei centri impieghi stessi. In alcuni settori, come quelli la piaga del precariatodell’agricoltura, dei servizi e del terziario il 70 per cento della manodopera ha ormai contratti di tipo precario, e si viene attratti dall’inganno che il dato sulla forte riduzione della disoccupazione, che si assesta sopra il 5-6 per cento è soprattutto il risultato di una diminuzione dell’offerta di lavoro: più persone che non lavorano, né cercano attivamente lavoro. In provincia di Caserta, date anche le dimensioni dell’economia sommersa, i confini fra disoccupazione e inattività sono molto labili. Meglio guardare, anziché al tasso di disoccupazione, al rapporto fra occupati e popolazione in età lavorativa questo indicatore, il tasso di occupazione, non aumenta dopo molti anni in cui ci eravamo avvicinati agli obiettivi di Lisbona. Oggi più che mai se esaminiamo il divario Nord-Sud, nel Mezzogiorno si evidenzia il calo sia degli occupati che dei disoccupati, mentre al Nord diminuiscono gli inattivi. Nelle regioni settentrionali ormai c’è una carenza strutturale di manodopera. Le imprese, non solo nei servizi, ma anche nella manifattura hanno bisogno di reclutare fra gli inattivi, altrimenti sono costrette a de localizzare intere fasi del processo produttivo. Questo andamento del mercato del lavoro suggerisce anche quanto il confronto in atto tra istituzioni e parti sociali rischi di essere lontano anni luce dai problemi di chi presta lavoro e di chi offre opportunità di impiego in Italia. Il tavolo sul lavoro deve tenere conto di quanto succede al nostro mercato del lavoro, guardare alle nostre forze lavoro, anziché al lavoro delle forze politiche e sindacali. E i piani di “manutenzione” della Legge Biagi, con l’abolizione dello staff leasing e del job on call, non offrono risposta alcuna al persistente dualismo del nostro mercato del lavoro. Esiste un modo per mantenere la flessibilità in entrata e garantire ai lavoratori un sentiero verso la stabilità. È sufficiente introdurre un contratto a tempo indeterminato con tutele che crescono con la durata del rapporto di lavoro. Sembra sia una delle prima cose che la Francia di Sarkozy vorrà fare in termini di riforma del mercato del lavoro. Perché non possiamo farlo anche noi? I problemi diagnosticati sono stati tanti, ma risultati concreti poco o nulla. I nostri signori politici che reggono le nostri sorti, invece di fare sfoggio di esibizioni muscolari, in convegni, nei quali il confronto sulla soluzione da dare ai problemi concreti passa in secondo piano, rispetto all’esigenza di fronteggiarsi solo per rinfacciarsi reciprocamente colpe e responsabilità, mentre il degrado e la disoccupazione avanza e la disperazione pure. Ciò, tra l’altro, produce disaffezione ed allontanamento dei cittadini rispetto alla politica, vista sempre più come una questione che riguarda un ceto, e non come un la piaga del precariatocanale di partecipazione democratica per migliorare la condizione sociale. L’elevato tasso di rissosità e di incompetenza impedisce alla politica di fare sistema. Così facendo, da un lato si vanificano le prospettive di sviluppo, e dall’altro si apre la strada a speculazioni di ogni tipo, quali i salvataggi industriali fasulli e l’accaparramento di aree dismesse: sono sotto gli occhi di tutti i casi Finmek e Ixfin. E’ ora di dire basta, di impegnare le forze sane della politica e delle istituzioni in uno sforzo positivo di confronto per trovare soluzioni ai problemi gravi, di chiedere alle forze sociali e politiche fatti concreti, e non promesse e giochi di potere destabilizzanti per l’assetto economico della nostra Provincia un tempo chiamata terra di lavoro. Basta con tavoli sterili, manifestazioni, passerelle e stronzate varie. E’ l’ora dei tavoli colmi di onestà, di idee e di verità; dei tavoli che siano parte attiva nello sviluppo e nella costruzione di un percorso di recupero, sia sociale che economico, della provincia di Caserta; è l’ora della soluzione di una serie di emergenze che da anni si verificano in terra di lavoro, ed alle quali non si riesce a dare una risposta. Livelli occupazionali, deindustrializzazione, morti bianche, lavoro nero, mancata formazione ed innovazione tecnologica, scarsa etica del fare impresa. Oggi le Istituzioni ed in particolare la Provincia devono dire basta al precariato e i signori della sinistra che si sono messe le cravatte pensassero solo un momento che impatto avrebbe una lotta che conquistasse sul campo l’abrogazione di tutte le leggi che precarizzano il lavoro e quante nuove energie sprigionerebbe una tale vittoria nella mobilitazione per una sinistra giusta ed equa che parta dalle necessità della gente e non dai giovamenti di una gruppo minoritario di incettatori.

CARLO SCALERA
Responsabile provinciale Lavoro dei Verdi

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
RedazioneWhatsappWhatsApp
Condividi con un amico