Il commercio nel centro storico è allo stremo

di Redazione

Porta NapoliAVERSA. Quindici anni fa Aversa era il centro nevralgico di tutto il commercio dell’agro, unica alternativa a Napoli e Caserta e il commercio era ancora florido, ma negli ultimi quindici anni qualcosa è cambiato.

Vari eventi hanno contribuito a creare una congiuntura negativa che i commercianti del centro storico di Aversa (Via Sanfelice, Via Seggio…) vivono tutt’ora:

  • la delocalizzazione del mercato cittadino da Piazza Marconi alla periferia;
  • la rivalutazione solo di Via Roma a discapito di altre strade ugualmente importanti come Via Seggio;
  • Gli interminabili lavori nel centro storico non hanno fatto altro che deprimere irreparabilmente il commercio nel centro storico;
  • la svalutazione del territorio dovuta all’”emergenza” rifiuti;
  • l’impossibilità ad accedere all’unico contributo offerto dalla Camera di Commercio a causa delle restrizioni apportate dal sistema di valutazione bancaria Basilea 2;
  • la liberalizzazione incontrollata delle licenze (Legge Bersani n°114/98), che ha portato un’offerta non proporzionata alla domanda;
  • la cattiva gestione della moneta unica che ha comportato per i consumatori una diminuzione del potere di acquisto e per i commercianti un sistema bancario che ha perso flessibilità rendendo sempre più difficile gli investimenti.

E come se non bastasse:

Piazza Municipiol’apertura di numerosissimi centri commerciali, tra cui il “Jambo” a Trentola Ducenta, il “Medì/Ipercoop” a Teverola, “Le porte di Napoli/Ipercoop” a Casalnuovo, ed infine l’“Auchan”a Giugliano, non ha fatto altro che allontanare la clientela dai negozi del centro.

La sfiducia dei commercianti è arrivata a tal punto che su un totale di 1719 attività (fisse sul territorio e itineranti) meno del 30% è rappresentato dalle due maggiori sigle a tutela dei commercianti: l’Ascom e la Confesercenti.

A pagare sono i commercianti del centro storico che abbandonati dalle istituzioni, non riescono a far fronte alla diminuzione progressiva degli incassi, alla scarsa differenziazione dell’offerta e soprattutto all’assoluto rifiuto da parte delle aziende più affermate a concedere i loro marchi in questa zona.

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