Festa della Donna, la prima laureata al mondo fu un’italiana

di Gabriella Ronza

Una storia spesso dimenticata, eppure si tratta di uno dei più rilevanti vanti italiani, quella di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia che, per la celebrazione della “Festa della Donna”, oggi raccontiamo da un’ottica particolare: proprio quella maschile, citando tutti gli uomini che negativamente o positivamente caratterizzarono la sua vita e il suo percorso culturale.

La Piscopia (1646 – 1684) è stata, infatti, la prima donna laureata al mondo. Veneziana, quinta di sette figli, dal sangue tanto nobile quanto erudito (il bisnonno paterno era stato uno scienziato amico di Galilei e il nonno, studioso di fisica, aveva creato un’importante biblioteca e una collezione di quadri e di strumenti scientifici), Elena desiderava laurearsi in teologia all’Università di Padova, ma fu fortemente osteggiata dal cardinale Gregorio Barbarigo che riteneva “uno sproposito” una donna “dottore”. Dovette, allora, “accontentarsi”, nel 1678, di una laurea in filosofia all’età di 32 anni. Non poté, tuttavia, in quanto donna, esercitare la professione di insegnante. Sei anni dopo morì a Padova per una grave malattia.

Agli albori dell’Illuminismo, in un ambiente frizzante e frenetico, la Piscopia trovò tanti detrattori quanti simpatizzanti, una situazione, quest’ultima, sorprendente per l’epoca. Il suo più grande sostenitore era il padre, Giovan Battista Cornaro, emblema dell’allora embrionale destrutturazione di un’ottica familiare del tutto patriarcale e del fatto che i sogni del singolo, se guidati dall’aiuto di una famiglia solida e determinata, possono essere realizzati con più facilità.

Quando si accorse delle qualità della figlia, Giovan Battista non poté chiudere gli occhi e, anzi, favorì in tutti i modi la sua crescita culturale e il successo pubblico: “Era del tutto straordinario – cita una nota enciclopedia online – che una donna emergesse nel campo degli studi e un tale esempio di eccezione avrebbe ancor più contribuito a dare lustro al nome della famiglia”.

Grazie anche al suo ruolo di oblata benedettina, Elena poté studiare. I suoi insegnanti furono uomini molto attivi all’epoca, tra i tanti Giovan Battista Fabris e Alvise Gradenigo per il greco, il canonico di San Marco Giovanni Valier per il latino e Carlo Rinaldini, cattedratico a Pisa e poi a Padova, per la filosofia.

Ormai celebre tra gli studiosi italiani per la sua erudizione, la Cornaro fu accolta nel 1669 nell’Accademia dei Ricoverati di Padova e, successivamente, nell’Accademia degli Infecondi di Roma, nell’Accademia degli Intronati di Siena, negli Erranti di Brescia e in quelle dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia.

La sua fama conquistò l’estero: il cardinale Federico d’Assia-Darmstadt, senza pregiudizi, la consultò nel 1670 su problemi di geometria solida, da Ginevra Louise de Frotté, nipote del celebre medico Théodore de Mayerne, invitò nel 1675 Gregorio Leti a inserire la Cornaro nella sua raccolta di biografie di personaggi celebri L’Italia regnante.

In un mondo maschile che la stava accogliendo sorprendentemente con entusiasmo, di lei Charles Cato de Court e Ludovic Espinay de Saint-Luc, nel 1677, esaminandola, dissero: “Noi ne siamo ammirati”.

Come detto, però, se da un lato i salotti, che presto sarebbero divenuti “rivoluzionari”, la guardarono con la curiosità sfacciata e lucida di coloro che dovevano ammettere straordinarietà, dall’altra il popolo, così come le frange più conservatrici della Chiesa, la disprezzarono. Il già citato Gregorio Barbarigo disse che una donna “dottore” avrebbe reso l’Italia ridicola agli occhi di tutto il mondo.

Mai parole furono tanto errate e fuorvianti, circa tre secoli dopo, l’Italia non solo non è ritenuta “ridicola”, ma anzi viene applaudita dal mondo, perché tra i tanti poeti, artisti, scienziati e cultori che qui hanno trovato natali, si deve ora, in un mondo in cui lo spirito femmineo è divenuto così essenziale per l’equilibrio elementare, ancor più sottolineare la figura affascinante della prima donna che poté indossare una corona non stereotipatamente di diamanti, ma di alloro.

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