Livorno, Borgo di Magrignano: tre arresti per bancarotta fraudolenta

di Redazione

Livorno – Sette persone denunciate, di cui tre arrestate dalla Guardia di Finanza per bancarotta fraudolenta riguardo l’edificazione di complessi abitativi nel Borgo di Magrignano e nel quartiere Montenero di Livorno.

Nell’ordinanza, emessa dal gip Antonio Del Forno, nei confronti dei livornesi finiti ai domiciliari, Paolo Paoli, Riccardo Luschi e Carlo Alessandrini, si parla di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurime condotte di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale.

L’indagine, svolta sotto la direzione del sostituto procuratore Daniele Rosa, ha avuto origine nel 2015 a seguito di alcuni esposti e denunce di cittadini. In particolare, sono stati svolti complessi approfondimenti contabili su un gruppo imprenditoriale di fatto, costituito da sette soggetti giuridici, tra cui quattro cooperative, operanti a Livorno, tutte con sede negli stessi luoghi, che hanno rivestito un ruolo di rilievo nell’edificazione del quartiere di “Borgo di Magrignano” e nella costruzione di un pregevole complesso di villette ubicate nel quartiere “Montenero”.

Dalle investigazioni è emersa l’esistenza di un sodalizio criminale, composto da tre persone, con base operativa a Livorno, di cui due dei soggetti arrestati rappresentavano i promotori, gli organizzatori e i direttori dell’associazione, mentre il terzo costituiva la persona di fiducia degli altri sodali e, soprattutto, il soggetto che aveva il compito di gestire la contabilità delle società.

Il sodalizio criminale si avvaleva del supporto di altri quattro soggetti (incensurati ed estranei all’associazione), anch’essi indagati, tre dei quali legati da vincoli di parentela con due degli arrestati, ed utilizzati quali meri amministratori/soci delle società e/o delle cooperative.

Gli accertamenti svolti, avvalorati dalle successive relazioni dei curatori fallimentari, hanno acclarato un evidente stato di insolvenza e di dissesto, ormai conclamato da diversi anni, derivante da una complessiva situazione debitoria accumulata (principalmente verso fornitori e banche ma anche nei confronti dell’erario) per circa 26 milioni di euro e dalla sistematica commissione di una serie di operazione commerciali e finanziarie depauperative del patrimonio, effettuate attraverso la fitta rete di cooperative e società per scopi di arricchimento personale e, comunque, a discapito delle dichiarate finalità mutualistiche.

I soggetti sono stati gestiti, innanzitutto, in totale assenza di trasparenza verso i soci, senza predisporre e depositare, in molti casi, i bilanci societari e con una tenuta e conservazione della contabilità del tutto inadeguata e confusa, tale da rendere particolarmente difficile una completa ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari delle società e delle cooperative.

In questo contesto, sono state riscontrate condotte dissipative di risorse economiche per circa 3,3 milioni di euro, celate da finanziamenti infruttiferi concessi senza contratti, piani di rientri e forme di garanzia, nonché ulteriori fatti di distrazione di denaro per circa 4 milioni di euro, derivanti, per lo più, da crediti infragruppo vantati dalla principale società operativa per le prestazioni di servizio svolte e mai riscossi da anni, con conseguente depauperamento del patrimonio sociale a danno dei soci e dei creditori.

Quattro degli indagati hanno occupato – tre di essi continuano ad occupare (in un caso, da circa otto anni) – tre villette di pregio ubicate a Montenero, costruite da una delle cooperative loro riconducibili, che si è accollata i gravosi mutui ed alla quale gli indagati non hanno corrisposto alcun canone di locazione con un danno patrimoniale quantificato in circa 440 mila euro. Inoltre, per il solo fine di consentire un usufrutto a titolo gratuito ad un altro indagato, è stata perfezionata una compravendita immobiliare ad hoc tra due cooperative già in evidente stato di dissesto.

A seguito della richiesta avanzata dal Pubblico Ministero, due società e tre cooperative del gruppo sono state dichiarate fallite dal Tribunale di Livorno, tra il mese di ottobre 2015 e il mese di febbraio 2016, consentendo alla curatela fallimentare di apprendere alla procedura 43 unità immobiliari per un valore complessivo di circa 7 milioni di euro.

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