Arabia Saudita, morto il re Abdullah

di Emma Zampella

Riyadh – È stato l’unico a combattere una vita intera per la pace del Medio Oriente: il Re Abdullah, sovrano dell’Arabia Saudita, è morto a 91 anni, nella notte di giovedì. I funerali si terranno venerdì pomeriggio nella capitale Riyadh, nella grande moschea intitolata all’imam Turki bin Abdullah. A darne notizia è la televisione di Stato che ha ufficializzato che il suo successo sarà Salman bin Abdul Aziz, suo fratellastro, che presterà giuramento venerdì sera nel corso di una cerimonia ufficiale a Riad.

Quanto al sovrano saudita, i media arabi fanno sapere che era ricoverato da tempo da qualche mese in ospedale a causa di una polmonite. A prendere le redini del Governo sarà il fratellastro, Salman bin Abdul Aziz , 80enne, anch’egli gravemente malato: designato dal 2012, lo scorso anno avrebbe subito un infarto. Viste le sue preoccupanti condizioni di salute, pare che il monarca avesse già designato un secondo successore nella persona del fratello Muqri, 69 anni, suo stretto alleato e ex capo dell’intelligence saudita. Il sovrano, che lascia le quattro mogli da cui avuto sette figli maschi e 15 femmine, è stato il primo re saudita a visitare il Papa durante lo storico incontro a Roma nel novembre 2007 con il pontefice Benedetto XVI. L’ultimo periodo della sua vita è stato costellato da malattie e ricoveri, in patria e all’estero. Una dipartita che ha commosso anche il presidente americano, Barak Obama, che, saputa la notizia, ha immediatamente fatto recapitare le proprie condoglianze, ricordandolo così: “Re Abdullah ha dato un contributo durevole alla ricerca della pace nella regione araba. La sua vita abbraccia un arco di tempo che va da prima della nascita dell’Arabia Saudita moderna fino al suo emergere come forza fondamentale all’interno dell’economia mondiale e leader tra i Paesi arabi e islamici. Egli – afferma Obama – ha intrapreso passi importanti per far avanzare l’iniziativa di pace nella regione araba, uno sforzo che gli sopravvivrà”.

Nato (probabilmente) nell’agosto del 1924 a Riad, Abdullah era il 13mo degli almeno 45 figli del re Abdul Aziz al Saud, fondatore della moderna Arabia Saudita nel 1932. La madre del re, Fahda, ottava delle 22 mogli del padre, era di origini beduine e il giovane Abdullah visse un lungo periodo nel deserto perché diventasse “forte fisicamente e mentalmente”. Cominciò’ la sua carriera nel governo nel 1961, quando fu nominato sindaco della città santa della Mecca. Due anni dopo, divenne viceministro della Difesa e comandante della Guardia Nazionale saudita, un incarico che ha ricoperto fino al 2010.  Con la morte di re Khalid, nel 1982, il nuovo monarca Fahd nominò Abdullah principe ereditario e primo vicepremier. Una decisione che fu avversata dai sette fratelli. Nel novembre del 1995 re Fahd fu colto da un infarto e passò provvisoriamente i poteri ad Abdullah che alla sua morte, nel 2005, gli succedette formalmente come nuovo sovrano. Abdullah è stato il promotore del piano di pace per il Medio Oriente, presentato nel 2002 al vertice della Lega araba a Beirut e che prevedeva il riconoscimento dello Stato di Israele da parte dei Paesi del mondo arabo, in cambio della restituzione dei territori conquistati con la guerra dei Sei giorni del 1967. Sotto la sua guida, Riad ha consolidato l’alleanza con gli Stati Uniti, nonostante le crescenti frizioni seguite agli attentati dell’11 settembre, in cui 15 dei 19 dirottatori erano sauditi.

Il suo regno wahabita è stato al centro dello scontro regionale con l’Iran sciita, in un duello che si è ripetuto in vari Paesi dell’area mediorientale, ultimo la Siria flagellata dalla guerra civile. Abdullah ha governato all’insegna della conservazione e dell’ortodossia religiosa, stroncando ogni protesta durante la Primavera araba, ma nella sua qualità di Custode delle due Sante Moschee di Mecca e Medina ha anche promosso il dialogo interreligioso.

L’uomo ha lasciato in eredità una serie di caute riforme dal punto di vista sociale ed economico. Il nuovo re dovrebbe seguire la linea intrapresa da Abdullah, che cercava di spostare l’asse dal potere islamico tradizionale alle esigenze di un’economia moderna. Le riforme sono state lente e solo in parte hanno avuto successo ma sicuramente hanno gradualmente spinto la popolarità del re tra i giovani, che sono la maggioranza nel Paese: il 60% dei sauditi ha meno di trenta anni. A parte l’introduzione di elezioni per i consigli comunali che detengono poco potere reale, la sua unica grande riforma politica è stata quello di istituire un consiglio di famiglia regnante per rendere la successione reale più ordinata.

All’orizzonte però pare non ci siano grossi mutamenti nelle politiche, soprattutto petrolifere messe in cantiere dal vecchio sovrano. Faith Birol, capo economista dell’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia, non si aspetta un mutamento “significativo” della politica petrolifera dell’Arabia Saudita dopo la morte di re Abdullah. “Con la morte del re – dice – e con i cambi nel governo, non mi aspetto un cambio significativo della politica petrolifera dell’Arabia Saudita e mi aspetto e mi auguro che continueranno ad essere un fattore di stabilizzazione sui mercati petroliferi”.

Tralasciando il primo fratello designato a successore, pare essere più evidente la possibilità d un regno di Murqrin.  Le umili origini da parte materna sono considerate il suo ‘peccato originale’: Muqrin è figlio di una donna yemenita che, prima di diventare la 18esima moglie del fondatore della dinastia saudita, Ibn Saud, lavorava come cameriera. Gli scenari aperti a questo punto sono molteplici. Prima di conquistare il trono però Murqrin dovrebbe riuscire a superare i seri pregiudizi che gravano contro di lui all’interno della famiglia. Gli analisti tendono a concordare sul fatto che, nell’immediato, l’avvicendamento avverrà senza scossoni: ma le rivalità interne lasciano presagire complicazioni.

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