Fini: “La costituzione non si tocca”

di Emma Zampella

Gianfranco FiniPRATO. È duro l’attacco che Gianfranco Fini, presidente della Camera, in occasione dei 720 anni della realizzazione della sala consiliare del comune di Prato, rivolge contro quella parte della maggioranza intenzionata a modificare parte dell’assetto costituzionale,…

…in quanto sostiene che “un’eventuale riscrittura di alcuni dei principi fondativi della Costituzione è possibile solo laddove essa sia in larga parte condivisibile con quello che è il vero sovrano della democrazia: il corpo elettorale”. Anche perché, continua Fini, le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano” ed “è la stessa Costituzione a fornire le modalità attraverso cui essa potrebbe essere effettuata”.

Il presidente sembra dunque essere preoccupato rispetto ad una futura modifica della Costituzione, in quanto essa potrebbero essere causa di costruzioni ideologiche fuorvianti che permetterebbero quindi di diffondere l’idea che ogni maggioranza, che si alterni nel governo italiano, possa modificare a proprio piacimento quelle che sono le regole che devono impegnare tutti gli italiani”.

E ha ricordato, “l’esperienza recente deve insegnare a tutti che se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilità delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che può unire mettendo in disparte o in secondo piano tutto ciò che può dividere”. Fini ha poi invitato il Governo ad essere maggiormente attivo e a concretizzare in modo reale quanto si propone e promette ai propri elettori relativo a temi importanti quali le infrastrutture, l’energia, richiedendo particolare attenzione per il popolo giovane e per la scarsità di opportunità lavorative che gli si offrono.

Ed inoltre ha dovuto confrontarsi anche con una protesta, fortunatamente pacifica, relativa al tema dell’integrazione di immigrati, riguardo il quale si è esposto in maniera molto chiara e categorica: “Ci si integra solo se si è disposti a vivere in condizioni di rispetto della legalità. Se è doveroso da parte dell’Italia rispettare la cultura d’origine e le identità delle donne e degli uomini che vengono a partecipare con il loro lavoro alla crescita della nostra società, dobbiamo anche chiedere loro di rispettare le nostre leggi, parlare la nostra lingua, mandare i figli nelle nostre scuole, far proprio il valore della dignità della persona che è alla base della nostra cultura. Non si possono reclamare solo diritti senza essere pronti ad adempiere ad altrettanti precisi doveri”.

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