La misura cautelare eseguita dai carabinieri del Ros scuote gli equilibri di Cosa Nostra catanese: Grazia Santapaola è ritenuta portatrice autonoma del potere mafioso del suo casato, non più figura di contorno, ma voce e braccio operativo del clan.
Le accuse e l’ordinanza del gip – I militari hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catania, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti della donna, indagata per associazione mafiosa. L’inchiesta, sviluppata dalla sezione anticrimine di Catania nell’ambito del procedimento denominato “Mercurio”, contesta alla sospettata il ruolo di associata pienamente inserita nella struttura criminale.
La posizione nel clan – Cugina di Benedetto “Nitto” Santapaola, storico capo della famiglia catanese, e moglie di Salvatore Amato, ritenuto reggente del gruppo Ottantapalmi, secondo gli investigatori non si sarebbe limitata alla vicinanza familiare ai vertici mafiosi. Le indagini descrivono una partecipazione diretta alle attività illecite del sodalizio, la gestione degli interessi nel centro storico di Catania e il sostegno economico alle famiglie dei detenuti.
Gli episodi ricostruiti dagli inquirenti – L’ordinanza documenta situazioni in cui la donna avrebbe esercitato un’autorità riconosciuta anche da altri gruppi: dalla mediazione nel conflitto con il clan Nardo a tutela del figlio di Francesco Santapaola, allo scontro con Christian Paternò del gruppo San Giovanni Galermo per questioni di rispetto, fino al suo intervento nel contrasto del 2023 con il clan Cappello nell’operazione “Leonidi”. Condotte che, secondo la procura, ne evidenzierebbero il peso decisionale e la capacità di risolvere tensioni tra articolazioni criminali.
Il ruolo operativo contestato – L’ordinanza rileva come, per la prima volta, la sospettata abbia assunto una funzione di primo piano nel clan, divenendo portatrice diretta degli interessi dell’associazione e difendendo onore e riconoscibilità mafiosa della famiglia Santapaola. Una condotta che, nella ricostruzione accusatoria, avrebbe consolidato la sua posizione all’interno del gruppo Ottantapalmi e superato il tradizionale ruolo considerato subordinato.
“Famiglia di sangue”– Dalle indagini emergerebbe, secondo l’accusa, la “piena operatività mafiosa” della donna, che “non avrebbe agito semplicemente come moglie e parente di vertici del sodalizio, ma avrebbe volutamente rivestito il ruolo di associata, esercitando il potere mafioso derivante dalla sua appartenenza alla famiglia di sangue”. IN ALTO IL VIDEO

