Pneumatici e fatture false: un arresto, capofila senza Partita Iva e 6 milioni evasi

di Redazione

Una rete di società schermo, fatture per operazioni inesistenti e profitti che, secondo gli inquirenti, finivano in immobili e nuove attività: così le Fiamme gialle del comando provinciale di Cosenza, su delega della Procura di Castrovillari, hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari personali nei confronti di sei indagati per associazione a delinquere, frode fiscale e autoriciclaggio, emessa dal giudice per le indagini preliminari.

Le misure – Arresti domiciliari per l’indagato ritenuto capo promotore del sodalizio e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per un altro indagato; disposta anche la sospensione dall’esercizio di attività professionali o imprenditoriali.

L’indagine – L’attività, condotta dalla Compagnia di Corigliano-Rossano della Guardia di Finanza, è l’epilogo di un’inchiesta che ipotizza un’associazione dedita a frodi fiscali per eludere il pagamento delle imposte, con successivo riciclaggio e reimpiego dei proventi nell’acquisto di immobili e nello sviluppo di altre iniziative d’impresa o speculative.

Lo schema – Secondo gli accertamenti, un’organizzazione avrebbe gestito di fatto le attività commerciali di una società “capofila” tramite quindici società, tutte nel settore del commercio di pneumatici e dislocate in più regioni, in alcuni casi intestate a prestanome. La gestione illecita avrebbe previsto l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un totale di 109 milioni di euro, “schermando” così la capofila che non aveva mai richiesto la Partita Iva ai competenti uffici. Per gli anni d’imposta dal 2017 al 2022, la capofila avrebbe omesso di dichiarare un volume d’affari complessivo di oltre 40 milioni di euro, con Iva evasa stimata in quasi 9 milioni di euro.

I sequestri – A luglio, la Guardia di Finanza di Corigliano-Rossano aveva già eseguito sequestri per oltre 16 milioni di euro: denaro contante per oltre 1 milione e 600mila euro, 15 società di capitali in varie regioni, quote sociali, 2 capannoni industriali, 34 immobili, automezzi e risorse finanziarie, ritenuti profitto delle condotte contestate. I provvedimenti sono stati successivamente confermati in sede di riesame dal Tribunale della Libertà di Catanzaro.

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