La Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha assolto Michele Zagaria dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Michele Della Gatta, elemento del clan dei Casalesi ucciso nel giugno del 1999 in un lido di Castel Volturno, sul litorale domizio. Una decisione che segna un punto di svolta rispetto alla sentenza di primo grado, emessa il 1 giugno 2022 dal giudice per l’udienza preliminare Giovanni De Angelis, che aveva condannato a 30 anni di carcere l’ex superlatitante, arrestato a Casapesenna nel 2011.
Condanne confermate per Schiavone e Iovine – A differenza del capo storico del clan, sono state confermate le condanne per gli altri due imputati. Trent’anni per Vincenzo Schiavone, detto “Petillo”, ritenuto l’esecutore materiale del delitto, e 10 anni e otto mesi per Antonio Iovine, ex boss arrestato nel 2008, oggi collaboratore di giustizia, già condannato in primo grado tre anni fa.
Un “cold case” riaperto dai pentiti – Per quasi vent’anni l’omicidio di Della Gatta era rimasto avvolto dal silenzio. L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia si era chiusa inizialmente con un’archiviazione, nonostante la dinamica dell’agguato – in pieno giorno, sul litorale casertano – avesse subito suggerito un regolamento interno alla camorra casalese. La svolta arrivò quando due pentiti di spicco del clan, Nicola Schiavone, primogenito del boss Francesco “Sandokan” Schiavone, e lo stesso Iovine, iniziarono a ricostruire i retroscena del delitto. Secondo i racconti, Zagaria e Iovine avrebbero ordinato l’omicidio per placare le tensioni interne al clan, mentre Schiavone sarebbe stato l’autore materiale dell’esecuzione. Un piano di morte strettamente legato, secondo l’accusa, a un altro omicidio avvenuto tre mesi prima: quello di Carlo Amato, figlio del boss Salvatore Amato, ucciso a Santa Maria Capua Vetere.
Dalla vendetta al delitto “riparatore” – Era il 19 marzo 1999, durante una festa scolastica al liceo “Amaldi” della città sammaritana, organizzata da Walter Schiavone, figlio di “Sandokan”. In quella circostanza, Carlo Amato avrebbe insultato Walter e il fratello Nicola, provocando la reazione violenta di Della Gatta, che lo pestò e accoltellò fino a ucciderlo. Da quel momento si temeva una vendetta trasversale da parte della famiglia Amato, con il rischio concreto di una faida all’interno del clan. Per scongiurare questa possibilità, i vertici dei Casalesi decisero di “offrire” il responsabile alla vendetta: nacque così l’ordine di morte per Della Gatta.
Strategia difensiva vincente – In appello, la tesi della difesa ha però incrinato la ricostruzione dell’accusa, almeno per quanto riguarda Zagaria, ritenuto estraneo alla pianificazione dell’agguato. A sostenere l’ex boss nel secondo grado di giudizio è stato il collegio difensivo composto dagli avvocati Paolo Di Furia, Emilio Martino e Giuseppe Tessitore.