Napoli – A oltre otto mesi dalla tragedia che costò la vita a Chiara Jaconis, turista trentenne di Padova colpita a morte da una statuetta precipitata dall’alto mentre passeggiava ai Quartieri Spagnoli con il compagno, la Procura per i Minorenni di Napoli ha ufficialmente chiuso le indagini. La conclusione, fredda quanto inequivocabile: il responsabile materiale sarebbe un tredicenne “problematico”, già noto per episodi simili. Ma, per legge, non è imputabile.
Una notizia che ha lacerato ancora una volta il dolore della famiglia Jaconis, che sin dal principio si era aggrappata all’ipotesi di un tragico incidente. Ora, invece, l’indagine disegna contorni diversi: «Chi sapeva è rimasto in silenzio. Credevamo che Chiara fosse morta per una tragica fatalità, invece tutto questo poteva essere evitato», hanno dichiarato i familiari.
Stando a quanto ricostruito dai pubblici ministeri dei Colli Aminei, il ragazzino – appena 13 anni al momento dei fatti – avrebbe lanciato dal balcone non una, ma due statuette in onice, per un peso complessivo superiore ai 10 chili. Una di queste, frantumandosi, colpì Chiara Jaconis alla testa, uccidendola sul colpo davanti agli occhi del fidanzato. Non sarebbe stata la prima volta. Il quotidiano “Il Mattino” riporta che, dagli atti trasmessi agli avvocati della famiglia, il giovane si sarebbe già reso protagonista di lanci pericolosi: in un’occasione avrebbe scagliato addirittura un tablet da una finestra. La posizione del fratello maggiore, di un solo anno più grande, è stata invece archiviata. I pm minorili non hanno ritenuto sussistenti elementi di responsabilità a suo carico.
Ma le indagini non si fermano qui. Resta aperto infatti il secondo fascicolo, in mano alla Procura ordinaria, che mira a stabilire le eventuali responsabilità dei genitori del tredicenne. Il nodo è la vigilanza: fino a che punto madre e padre erano consapevoli di quanto accadeva? Hanno omesso di controllare i figli? Potevano prevenire il gesto? I due coniugi, ascoltati dagli inquirenti, hanno respinto ogni addebito: «Quell’oggetto non ci appartiene», hanno dichiarato, riferendosi ai frammenti repertati dalla Squadra Mobile. Hanno inoltre precisato che, al momento dell’incidente, si trovavano nel salotto insieme ad altri familiari e che il balcone affacciato su via Sant’Anna di Palazzo – teatro del lancio – sarebbe stato chiuso e in disuso da tempo.
A rendere ancora più amaro il bilancio, le parole della madre Cristina e della sorella Roberta, che nei mesi scorsi avevano deciso di rompere il silenzio attraverso alcuni video pubblici: «La vita di Chiara è stata stroncata da una statuetta caduta da un edificio nel quale vivono pochi nuclei familiari. Eppure nessuno ha portato soccorso, né si è fatto avanti per assumersi le proprie responsabilità». Una denuncia morale, prima ancora che giudiziaria, che ha accompagnato l’ennesima richiesta di verità e giustizia.
Con la notifica della chiusura delle indagini al legale della famiglia Jaconis, il tredicenne entra ufficialmente nel registro degli indagati. Una formalità che non porterà a un processo – data la sua età – ma che potrebbe preludere a una richiesta di rinvio a giudizio a fini tecnico-simbolici. Un passaggio che, pur privo di effetti penali, sancirebbe una responsabilità accertata in via giudiziaria.