Panaro e Caterino fra i 30 latitanti più pericolosi

di Raffaele De Biase

Nicola Panaro e Mario Caterino CASAL DI PRINCIPE. Doppia new entry targata clan dei Casalesi nella lista dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia.

Gli arresti del boss della ‘ndrangheta Antonio Pelle e quello recentissimo del narcotrafficante trapanese Salvatore Miceli hanno, infatti, aperto le porte all’ingresso di Nicola Panaro e Mario Caterino nello speciale elenco stilato dal Ministero dell’Interno. Entrambinativi di Casal di Principe, Panaro e Caterino possono considerarsi a tutti gli effetti soggetti apicali del sodalizio criminoso dominante in Terra di Lavoro.

Se a Panaro, classe 1968, va riconosciuto senza dubbi quel ruolo di reggente del clan Schiavone , ricoperto, a ben vedere, sin dal ’98, anno in cui fu arrestato il capo clan Francesco Schiavone detto “Sandokan”, per Mario Caterino detto “Mario à botta”, classe 1957, parla, invece, una storia criminale che lo ha visto attivo protagonista dell’organizzazione sin dalla fine degli anni ‘80.

In particolare, Caterino è stato ritenuto, nei primi due gradi di giudizio del processo Spartacus, responsabile di diversi fatti di sangue per i quali è stato condannato alla pena dell’ergastolo. Fra questi l’assassinio del boss Vincenzo De Falco “’O fuggiasco”, maturato nella guerra di camorra interna al clan immediatamente successiva alla scissione dai bardelliniani.

Ricercato dal 2005, Mario Caterino avrebbe oggi un ruolo importante che contemplerebbe, fra le varie mansioni, anche quella di “contabile” del gruppo camorristico facente capo a Francesco Schiavone.

Sottoposti, invece, a Nicola Panaro, detto “’O principino”, una serie di soggetti che rappresentano la seconda e la terza generazione del clan dei casalesi e dei quali alcuni sono attualmente detenuti, altri sono sottoposti a misure di sorveglianza. Tra tutti ricordiamo Vincenzo Schiavone detto “Petillo”, detenuto al 41 bis a Novara, Giuseppe Misso, detto “caricaliegg”, Vincenzo Conte detto “nas ‘e cane” braccio destro di Vincenzo Schiavone, Franco Bianco detto “musullin”, Salvatore Laiso detto “chicchinoss” ed altri ancora. Alcuni di questi sono detenuti, ma in virtù di condanne non particolarmente lunghe o, comunque, inferiori ai dieci anni di reclusione, altri, invece, sono soggetti ad obblighi di dimora.

Ciò che quindi allarma è la pericolosissima capacità del clan di rigenerarsi, un fattore su cui, evidentemente, contano molto i reggenti Panaro e Caterino che, unitamente agli ultranoti boss latitanti Antonio Iovine e Michele Zagaria, rappresentano, ora come ora, lo stato maggiore del clan dei casalesi. Permane, dunque, inalterata l’esigenza di tenere alta la guardia nella lotta alla camorra, potenziando ulteriormente l’attività di intelligence sul territorio e mettendo a disposizione delle forze dell’ordine quanto di meglio la tecnologia può offrire allo scopo.

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