Casablanca, finisce la fuga del boss romano Patrizio Forniti e della compagna

di Redazione

Erano nascosti a Casablanca, in Marocco, con falsi passaporti svizzeri. La latitanza di Patrizio Forniti, considerato al vertice dell’omonimo clan mafioso di Aprilia e inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi, è finita con il blitz della Gendarmeria reale marocchina, che ha arrestato lui e la compagna Monica Montenero, ricercati dal 3 luglio 2024 dopo essere sfuggiti all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Roma nell’ambito dell’indagine Assedio.

La cattura in Marocco – I due latitanti sono stati individuati e tratti in arresto a Casablanca dalla Gendarmeria reale del Marocco in esecuzione di un ordine di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria romana. Al momento del fermo, la coppia è stata trovata in possesso di passaporti svizzeri falsificati, documenti che avrebbero consentito loro di muoversi sotto falsa identità e prolungare la fuga iniziata nell’estate del 2024.

L’operazione “Assedio” e il filone apriliano – La mancata esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare che li riguardava risale al 3 luglio 2024, data del blitz legato al filone apriliano dell’inchiesta Assedio, condotta dal Centro Operativo della Direzione investigativa antimafia di Roma con il supporto del reparto territoriale dell’Arma. In quella occasione furono arrestate 25 persone e l’impianto accusatorio portò allo scioglimento del Comune di Aprilia, Comune pontino travolto dalle contestazioni su condizionamenti mafiosi. In quel contesto venne raggiunto da misura anche l’allora sindaco Lanfranco Principi, finito ai domiciliari.

Il profilo del boss “il gatto” – Forniti, 53 anni, soprannominato «il gatto», è ritenuto dagli inquirenti il capo dell’organizzazione mafiosa che porta il suo nome. Ha precedenti per reati contro il patrimonio, per detenzione illecita di armi e munizioni e per detenzione illegale di armi da fuoco. È stato inoltre condannato in primo grado per estorsione con metodo mafioso. Secondo le ricostruzioni investigative, avrebbe intrattenuto rapporti consolidati con clan calabresi e con la camorra, in particolare nel traffico di stupefacenti, attività che avrebbe continuato a gestire anche durante periodi di detenzione domiciliare.

Il ruolo della compagna nel clan – Gli accertamenti investigativi collocano la moglie al vertice dell’organizzazione, accanto al boss. La figura di Monica Montenero, infatti, viene descritta nelle indagini come parte integrante della struttura di comando del gruppo criminale radicato su Aprilia, non solo come semplice fiancheggiatrice ma come elemento apicale del clan.

Cooperazione internazionale e estradizione – La Direzione distrettuale antimafia di Roma ha già avviato le procedure per ottenere l’estradizione della coppia. Le operazioni che hanno portato alla cattura dei due latitanti sono state supportate dal Servizio per la cooperazione internazionale di polizia della Direzione centrale della polizia criminale, nell’ambito del progetto I-CAN, e dall’esperto per la sicurezza in servizio presso l’Ambasciata d’Italia a Rabat, in quota Direzione centrale per i servizi antidroga. Un lavoro di coordinamento internazionale che ha consentito di chiudere la latitanza del capo clan e della compagna, dopo mesi di ricerche partite dal territorio pontino e arrivate fino al Marocco.

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