Napoli – Un tentativo di introdurre droga all’interno dell’Istituto penale per minorenni di Nisida è stato intercettato e bloccato dalla Polizia Penitenziaria: circa 40 grammi di hashish erano stati occultati in una bottiglia di detersivo e sequestrati dopo i controlli. A darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe).
Il controllo e il sequestro – “Ieri sera, verso le 19.30, un detenuto napoletano si è avvicinato al III° Reparto, dove sono ubicati altri detenuti suoi concittadini minorenni, per fornire ad alcuni di loro una bottiglia di detersivo. Il personale di polizia penitenziaria in servizio, insospettito dello scambio avvenuto, bloccava il detenuto e provvedeva a controllare la bottiglia oggetto dello scambio. Al suo interno, venivano rinvenuti circa 40 grammi di hashish”, denuncia Federico Costigliola, coordinatore regionale per il settore minorile per la Campania del Sappe.
Recidive e criticità interne – “Occorre evidenziare che i detenuti del III° Reparto non sono nuovi a simili episodi; sono già stati sorpresi, più volte, mentre effettuavano scambi di droga e più volte sono stati rinvenuti diversi quantitativi di droga anche durante le perquisizioni delle camere detentive o durante le perquisizioni personali. Ciò che desta stupore è che nonostante la Direzione continua a lamentare un cronico sovraffollamento di minori in Ipm, nei confronti di questi detenuti ormai recidivi, non è stato messo in essere alcun tipo di provvedimento”, conclude il sindacalista, che rinnova la richiesta del Sappe di un incremento del ruolo maschile degli Agenti e degli Assistenti per il Reparto di Polizia di Nisida “mettendo fine una volta per tutte alle continue richieste di supporto operativo avanzate dal comando e dalla direzione di Nisida, e permettendo all’intero comparto di polizia penitenziaria operante nel Distretto minorile campano di svolgere il proprio servizio in tranquillità”.
L’allarme nazionale del sindacato – “Ogni giorno – commenta Donato Capece, segretario generale del Sappe – la Polizia Penitenziaria porta avanti una battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane, per adulti e minori, si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l’alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti. Questo fa comprendere come l’attività di intelligence e di controllo del carcere da parte dei Baschi Azzurri della Penitenziaria diviene fondamentale. E deve convincere sempre più sull’importanza da dedicare all’aggiornamento professionale dei poliziotti penitenziari, come ad esempio le attività finalizzate a prevenire i tentativi di introduzione di droga in carcere, proprio in materia di contrasto all’uso ed al commercio di stupefacenti”.
Comunità terapeutiche e costi – Capece evidenzia le criticità legate all’elevata presenza di detenuti tossicodipendenti e propone percorsi alternativi: “Noi con il metadone non risolviamo il problema, ma dobbiamo portare questi ragazzi nelle comunità terapeutiche, anche perché ci costano di meno. Un detenuto in carcere costa mediamente 200 euro mentre in una comunità terapeutica da 50 a 80 euro. Così non solo risparmiamo, ma tra quelle persone qualcuno riusciamo a salvarlo e quando ci riusciamo non abbiamo salvato solo i ragazzi ma anche le famiglie, perché la tossicodipendenza non è un problema legato solo ai ragazzi ma è un problema di tutte le famiglie. E allora che senso ha tenerli in carcere? Basterebbe anche replicare l’esperienza del carcere di Rimini, dove, oltre 20 anni fa, fu istituita una piccola sezione, con 16 posti, nella quale accedono quei detenuti che sottoscrivono un programma con l’amministrazione, impegnandosi a studiare, lavorare, non assumere più sostanze alternative come il metadone, e dopo un certo periodo di tempo, 6 mesi, un anno, vanno in comunità e vengono tutti recuperati. Risolveremmo in parte anche il problema del sovraffollamento”.
Ruolo della Polizia Penitenziaria – Il segretario generale del Sappe richiama infine la centralità del Corpo nel sistema sicurezza, con particolare riferimento al circuito minorile: “Sicurezza e diritti sono un binomio inscindibile anche quando si affronta la complessa realtà del sistema penitenziario, perché, salvi i casi più gravi, la doverosa esecuzione della pena deve costituire il presupposto per il ritorno alla vita civile del detenuto. Stare vicini alle donne e agli uomini della Polizia Penitenziaria vuol dire condividere il delicato ruolo istituzionale che a loro affida lo Stato”.