Un drone kamikaze dell’esercito israeliano ha colpito il complesso ospedaliero Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, provocando una nuova strage. Almeno venti le vittime accertate, tra cui cinque giornalisti. Le immagini della Reuters mostrano l’interruzione improvvisa della diretta video nel momento dell’attacco: dietro quella telecamera c’era Hossam al-Masri, cameraman freelance dell’agenzia, rimasto ucciso sul colpo.
Cinque giornalisti tra le vittime – A perdere la vita anche Moaz Abu Taha, reporter dell’emittente statunitense Nbc, Mohammed Salama, fotoreporter di Al Jazeera, e Mariam Abu Daqa, collaboratrice di Independent Arabic e Associated Press, madre di un bambino di 12 anni evacuato all’inizio del conflitto. La quinta vittima tra i giornalisti non è stata ancora identificata. Secondo quanto riferito da Al Jazeera, Salama e Abu Daqa lavoravano spesso all’interno dello stesso ospedale colpito, documentando quotidianamente la sofferenza della popolazione civile e la crescente crisi umanitaria.
La reazione internazionale – Reporter Senza Frontiere, per voce del direttore generale Thibaut Bruttin, ha definito l’attacco “un regresso senza precedenti nella sicurezza dei giornalisti”, denunciando sia attacchi indiscriminati sia episodi mirati, “ammessi dallo stesso esercito israeliano”. “Stanno facendo tutto il possibile per mettere a tacere le voci indipendenti che cercano di raccontare ciò che accade a Gaza”, ha dichiarato Bruttin. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, commentando la notizia al termine di un’udienza con Papa Leone, ha ribadito: “Abbiamo già approvato un documento insieme a tanti altri Paesi. La nostra posizione sulla libertà di stampa non cambia: è giusto garantire l’incolumità dei giornalisti ed è giusto che possano svolgere il loro lavoro anche nella Striscia di Gaza”.
La denuncia di Hamas – Il movimento islamista ha parlato di “crimine di guerra aggravato”, affermando che il bombardamento dell’ospedale Nasser rientra nella “guerra genocida” portata avanti da Israele nella Striscia. In un comunicato, Hamas ha invitato la comunità internazionale e i leader arabi a esercitare pressioni sugli Stati Uniti e sugli alleati israeliani per fermare quella che ha definito “uno sterminio sistematico”. L’esercito israeliano ha diffuso una nota ufficiale in cui “deplora la morte di persone non coinvolte” e annuncia l’apertura di un’indagine interna.
Un bilancio drammatico – Secondo i dati forniti da Hamas e diffusi dall’agenzia palestinese Wafa, il numero complessivo dei morti dall’inizio dell’offensiva israeliana – il 7 ottobre 2023 – è salito a 62.744, con oltre 158mila feriti. Solo nelle ultime 24 ore sarebbero stati uccisi almeno 28 palestinesi, mentre 84 sono rimasti feriti. I numeri, che comprendono sia civili che miliziani, non possono essere verificati in modo indipendente. A peggiorare la situazione, anche l’emergenza umanitaria: il ministero della Sanità di Gaza ha segnalato la morte di undici persone per malnutrizione, tra cui due bambini, portando a 300 il totale dei decessi per fame, con 117 minori tra le vittime.
Guerra più letale per i giornalisti – La Striscia di Gaza si conferma il luogo più pericoloso al mondo per la stampa. Con i cinque uccisi nel raid su Khan Younis, sono almeno 245 i giornalisti che hanno perso la vita dal 7 ottobre 2023, secondo il Sindacato dei giornalisti palestinesi. Ottobre dello stesso anno è stato il mese più sanguinoso con 37 vittime. Reporter Senza Frontiere ha inoltre contato almeno 380 giornalisti feriti, 90 sedi di informazione distrutte, 31 reporter palestinesi detenuti in Israele e 35 casi documentati di attacchi deliberati. Il Committee to Protect Journalists ha riportato che solo nel 2024, in media, un giornalista è stato ucciso ogni tre giorni. Dal 2000 a oggi, secondo i dati Unesco, sono stati assassinati 1.683 giornalisti nei conflitti di tutto il mondo: Gaza sta scrivendo il capitolo più nero di questa lunga tragedia.
Dossier internazionali e tensioni regionali – Mentre il conflitto continua a mietere vittime, a Ginevra si terrà un nuovo round di colloqui sul nucleare e sulle sanzioni contro l’Iran: presenti le delegazioni di Germania, Francia, Regno Unito e Teheran. La parte iraniana sarà guidata dal vice ministro degli Esteri Majid Takht-Ravanchi. Nel frattempo, il capo di Stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha dichiarato che “esiste un accordo sugli ostaggi, ora la decisione è nelle mani di Netanyahu”. Il premier Benjamin Netanyahu, da parte sua, ha ribadito la linea dura: “Chiunque ci attacchi, lo attaccheremo. Gli Houthi stanno imparando a loro spese che pagheranno un prezzo molto alto per l’aggressione contro Israele”.